La
rassegna stampa delle prime pagine dei quotidiani di oggi mette il
luce tutti i limiti culturali del giornalismo italiano. Di fronte
alle tragedie che da sabato a oggi si sono abbattute sul nostro Paese
le reazioni e le chiavi di lettura degli eventi fornite dalla grande
stampa nazionale sono sconfortanti. Alcune, quelle della destra,
squallidamente prevedibili, altre quelle del giornalismo "serio"
inconsistenti o fuori bersaglio. Insomma i giornali non sanno cosa
scrivere e allora improvvisano a capocchia.
Il
Corriere della Sera titola a tutta pagina sul terremoto e affida
l'editoriale ad Antonio Stella che dopo aver riassunto il suo
pensiero nella sentenza: "Le fatalità prevedibili" ripete
la solita giaculatoria sulle tragedie italiane, perennemente
annunciate (da secoli) che non si riescono mai a "prevenire".
L'attentato di Brindisi è già scivolato in taglio basso. Amen.
Repubblica
parlando del terremoto mette in risalto la condizione sociale delle
vittime: "Quei dannati inghiottiti dalle loro fabbriche",
un titolo da Lotta Continua anni '70 che fa risuonare il vecchio inno
socialista: "Figli dell'officina, dannati della terra...".
Anche
la Stampa, quotidiano della Fiat, in un titoletto del montaggio sul
terremoto di prima pagina li definisce "I forzati della notte",
una strana lettura sociologica della realtà del lavoro da parte
del quotidiano della più grande città-fabbrica
d'Italia. Gli operai uccisi dal sisma facevano il turno di notte, capirai che novità.
Sobrio
come sempre il titolone a tutta pagina de "Il Giornale"
dedicato alla tragedia di Brindisi: "Abbiamo visto il bastardo"
mentre nel suo fondo dal titolo: "Un Paese smantellato" il
direttore Feltri, in pratica, afferma che la colpa di tutto, del
terremoto e del terrorismo, è del Governo Monti e di chi "ha
smantellato" il governo Berlusconi, la sua intelligence e, soprattutto, la sua Protezione Civile. Anche il
Tempo, giornale reazionario di lungo corso, nel titolo spiega al suo
lettore che la colpa di tutto è della politica e dei politici:
"Bombe, scosse e astensione".
In
questo scenario poco edificante suona troppo flebile la voce della ragione che tenta di ricordare sulla prima pagina de L'Unità che questo dovrebbe essere: "Il
momento della solidarietà". Un titolo che non fa audience.
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