lunedì 1 ottobre 2012

Il PD e la sfida elettorale


Ormai è chiaro: l'avversario da battere alle prossime elezioni nazionali è il PD socialdemocratico di Pierluigi Bersani. Da tempo è in atto una campagna martellante contro la possibile vittoria nel 2013 del centro sinistra, portata avanti da tutti gli orfani di Berlusconi. E per orfani intendo non tanto i suoi dispersi seguaci, dipendenti, soci, avvocati e miracolati vari, riciclati della prima repubblica ai quali si sono aggiunti in seguito nani e ballerine figli della seconda, ma tutti quei soggetti sociali ed economici di ben altro peso che grazie a Berlusconi hanno potuto continuare ad arricchirsi e fare il bello e il cattivo tempo in Italia indisturbati dopo la dissoluzione del CAF spazzato via da Mani Pulite 20 anni fa.
Tra questi ci sono anche i protagonisti saliti più di recente alla ribalta dei media, antagonisti dichiarati del PD bersaniano, i quali sperano di ereditare la vasta messe di voti lasciati sul mercato dal contemporaneo crepuscolo dell'ex leader della destra di Arcore e dell'ex condottiero padano di Gemonio, sottraendoli a un centro sinistra che cerca di riportare questi elettori alla ragione dopo la sbornia populista.
Il Partito Democratico nel 2013 si troverà solo contro tutti. Dovrà fronteggiare, oltre al residuo PdL e a ciò che resta della Lega, la nuova "palude" gattopardesca formata da tutti quelli che in nome del cambiamento in realtà non vogliono assolutamente cambiare il modello e l'assetto tradizionale del potere nel nostro Paese.
Italia dei Valori, Ecocivici, grillini, estremisti urlatori che insultano il PD perché non è abbastanza di sinistra o democratico o innovativo, sono solo disturbatori fastidiosi che cercheranno di rompere le scatole a Bersani inserendosi nelle primarie e appoggiando il guastatore interno, Renzi, ma il vero avversario del PD bersaniano è il combinato disposto di forze eterogenee che hanno già di un candidato leader, il professore, senatore a vita, Mario Monti, candidatura che sulla carta appare loro vincente.
I tre o quattro partitini di centro, i portatori dei soliti interessi "forti", la cordata di imprenditori che segue Montezemolo, il salotto buono del Corriere della Sera, una parte di Confindustria, sono ormai convinti di poter sbancare il casinò elettorale e tenere ancora una volta fuori dal governo un PD che cerca faticosamente di assumere un profilo socialdemocratico europeo, indebolito dalla fronda filo Monti e dalla concorrenza interna/esterna dei renzini.
Non a caso il Corriere della Sera è diventato negli ultimi mesi l'organo elettorale del sindaco di Firenze che viene dato, un giorno sì e l'altro pure, sicuro vincente alle primarie democratiche di fine novembre mentre i suoi commentatori scrivono fondi su fondi per convincere i lettori dell'inadeguatezza del PD alleato di Vendola a governare l'Italia.
Ce la farà in questo scenario, la rinnovata "palude" centrista a gestire pro domo sua la crisi di regime continuando a perpetuare l'anomalia di un'Italia non liberale e non socialista, oppure Bersani e il suo PD riusciranno a convincere questo Paese a diventare normale, cioè o liberale o socialdemocratico?
La partita è aperta, ma per vincerla bisogna fare molta attenzione ai messaggi che vengono dati agli elettori: come farà ad esempio il PD a convincere (e vincere) se a un Paese che fatica ad arrivare a fine mese presenta un programma che al primo punto recita "chi nasce in Italia è italiano". Non è certo questa la priorità per far uscire il Paese dalla crisi di sistema in cui sta affondando.

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