domenica 30 settembre 2012

Hitler a Berlino: le belve nel giardino


"In the Garden of Beast. Love, Terror, and an American Family in Hitler's Berlin" (il titolo della versione italiana è "Il giardino delle bestie – Berlino 1934") è un libro che bisogna assolutamente leggere.
Scritto da Erik Larson, è un romanzo storico basato su fatti realmente accaduti durante l'ascesa al potere di Adolf Hitler e del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, negli anni trenta, pubblicato nel 2011 da Crown Publishers e, nel 2012, in Italia dalla casa editrice Neri Pozza (pag. 560, euro 18).
Al centro del racconto ci sono le figure dell'ambasciatore americano a Berlino, William E. Dodd, della moglie Martha Johns, dei figli Martha e Bill, e si basa su documenti diplomatici, lettere, appunti personali e in particolare i diari di William Dodd e della figlia Martha.
Il libro racconta con le parole scritte giorno per giorno dai protagonisti, come ha potuto "l'uovo del serpente" schiudersi indisturbato e inoculare il suo veleno mortale in uno dei paesi più colti e civili d'Europa, senza che i rappresentanti delle maggiori potenze mondiali, testimoni oculari dell'orrore nazista, non facessero nulla per convincere i rispettivi governi ad impedirlo schiacciando la testa del rettile quando ancora era possibile evitando la tragedia della guerra.
La storia inizia nel 1933 quando William E. Dodd, oscuro professore di storia all'Università di Chicago,  privo di esperienza politica e diplomatica, viene nominato ambasciatore a Berlino. Dodd conosceva bene il tedesco, amava e ammirava la Germania dove aveva studiato in gioventù, ma il presidente USA decise di mandarlo lo stesso per il semplice motivo che le sue prime, seconde e terze scelte per quell'incarico importantissimo l'avevano rifiutato giudicandolo una missione troppo rischiosa.
Il titolo del libro fa riferimento al famoso parco di Berlino chiamato Tiergarten che può essere tradotto "giardino degli animali o delle bestie", ai cui margini sorgeva la residenza dei Dodd e attraverso cui l'ambasciatore faceva lunghe passeggiate per incontrare colleghi diplomatici con cui desiderava scambiare quattro chiacchiere senza che orecchie indiscrete della Gestapo ascoltassero.
La narrazione si svolge prevalentemente a Berlino nel periodo che va dall'estate 1933 al dicembre 1937, periodo in cui al docente di storia sessantaquattrenne, appassionato delle cose del Vecchio Sud degli Stati Uniti, ammiratore di Jefferson, sul quale scrisse dei testi. fu affidata l'ambasciata berlinese.
Il racconto si dipana, dall'arrivo in Germania dei Dodd, alla "Notte dei lunghi coltelli" quando Hitler in persona arrestò e mandò a morte il capo delle SA, Rohm, fino alla "Notte dei cristalli", grande pogrom antisemita, preludio all'invasione della Polonia, alla guerra e all'Olocausto. Nei diari dell'ambasciatore e di sua figlia, una giovane sentimentalmente molto disinvolta che ha avuto nei quattro anni di permanenza a Berlino numerose relazioni con esponenti nazisti, diplomatici stranieri e perfino un agente segreto sovietico, si racconta la loro progressiva presa di coscienza. All'inizio erano sinceri ammiratori dell'opera di Hitler e del suo partito che, credevano, stesse ricostruendo la dignità tedesca riportando l'ordine nel Paese. 
Dodd, influenzato dalla sua natura di insegnante, era convinto di riuscire a moderare e ricondurre nell'alveo della ragionevolezza certi comportamenti come le aggressioni pubbliche contro ebrei e cittadini tedeschi e stranieri che non salutavano col braccio teso le squadracce che sfilavano in strada. Pochi mesi dopo però, toccata con mano la brutalità, la violenza programmatica, il feroce odio antisemita, la tirannia e la bestialità irrefrenabile di un governo che si comportava come una banda criminale, cercarono con tutti i mezzi a loro disposizione di denunciare in Germania e negli Stati Uniti il grande pericolo che Hitler e i complici rappresentavano.
Ma l'amministrazione degli Stati Uniti non lo ascoltò, anzi il ministro degli esteri e il suo establishment fecero di tutto per denigrane l'opera presso Roosevlet accusandolo di essere inadeguato (odiava troppo il nazismo e dunque era inutilizzabile diplomaticamente) e soprattutto di mettere a rischio la restituzione alle banche Usa delle ingenti somme concesse in prestito alla Germania dopo la prima guerra mondiale.
Il libro racconta come in quei fatali quattro anni l'orrore cresceva avvolgendo tutto il Paese mentre i diplomatici dei paesi democratici passavano da un ricevimento a un ballo, da un pranzo ufficiale a una conferenza. Il massimo che riuscivano a fare era rifiutarsi di partecipare alle grandi adunate naziste, attirandosi le critiche dei rispettivi governi. Dodd che doveva concludere il suo mandato nel 1938 venne richiamato in patria sei mesi prima e il suo successore si premurò di andare subito al raduno di Norimberga che celebrò l'annessione dell'Austria.
Tornato in america Dodd occupò il tempo che gli rimase (morì nel 1940) a tenere conferenze in tutti gli stati denunciando le persecuzioni contro gli ebrei in Germania e il pericolo della tirannia hitleriana.

2 commenti:

Gianni Rubagotti ha detto...

Sullo stesso tema visto che non solo l'autore è italiano ma è prof alla Statale di Milano consiglio anche Il Canada, l'Italia e il fascismo (1919-1945) di Luigi Bruti Liberati che spiega come il governo di un altro paese ex colonia inglese fosse tutt'altro che antifascista e le difficoltà di chi riparava là scappando dal regime di Mussolini.

Credo che l'atteggiamento degli USA nei confronti di Hitler sia totalmente incomprensibile se non si parte da un dato poco conosciuto. La Germania era letteralmente affamata dai paesi vincitori della prima guerra mondiale e solo l'aiuto americano la aiutava a fare andare le fabbriche con cui poteva continuare a pagare i debiti di guerra. L'aiuto americano finisce con la crisi del 29 e non a caso poco tempo dopo emerge Hitler che, un po' come va di moda oggi, decise di non pagare il debito e anzi contrattaccò. Improvvisamente Francia, Inghilterra e altri paesi vampiri si trasformarono in agnellini. Insomma Hitler aveva risolto definitivamente il problema che gli USA non potevano più cercare di tamponare e quindi dava l'illusione di fare quello che Bismarck faceva nell'800, cioè tenere buona l'Europa. Un errore di calcolo gravissimo, ma una responsabilità molto inferiore a quella degli altri paesi europei che il problema lo avevano non sottovalutato ma provocato.

carlo arcari ha detto...

Giustissima osservazione grazie. E' un caso se oggi in Grecia è nata e sta crescendo il movimento neonazista Onda d'Oro?