Oggi in Italia, a
fronte di circa 20.000 giornalisti dipendenti, 24.000 sono i
lavoratori autonomi, e la stragrande maggioranza di questi è
ultraprecarizzata e senza alcuna tutela. E di questi, nelle attuali
condizioni di “libertà di mercato” senza regole, il 75% si trova
a guadagnare meno di 10.000 euro lordi l’anno, e il 62% meno di
5.000.
La raccolta
adesioni sull'appello per l'approvazione della legge sull'equo
compenso dei giornalisti freelance sta per concludersi. Oggi, martedì 9 ottobre, infatti, le firme verranno consegnate al
Parlamento dove, in Commissione Lavoro del Senato, è all'esame la
proposta di legge già approvata all'unanimità alla Camera. Sono quasi 2000 le firme raccolte in pochi giorni sotto l'appello promosso dalla Commissione nazionale Lavoro
autonomo della Fnsi (il sindacato dei giornalisti italiani) e fatto
poi proprio, supportato e rilanciato on line dall'Associazione
Articolo 21. Le adesioni non sono solo di giornalisti, ma
anche di personalità della cultura e dello spettacolo, delle
istituzioni e della politica, di realtà sindacali, sociali e di
lavoratori di altre categorie (insegnanti, impiegati,
professionisti...), trasversalmente alle appartenenze.
Una
battaglia tesa a fare cessare l’indegno e incontrollato
sfruttamento a cui è oggi sottoposta la maggior parte dei
giornalisti lavoratori autonomi. 5-10-20 euro lordi ad articolo,
senza rimborsi spese e tutele di welfare, contratti spesso
inesistenti, retribuzioni modificate unilateralmente al ribasso dai
datori di lavoro, ritardi di mesi nei pagamenti, articoli
commissionati e non pagati: sono queste le condizioni di lavoro
tipiche della maggior parte dei freelance italiani. E non solo quando
collaborano con piccoli giornali e radio locali ma, ormai sempre più
spesso, anche nei rapporti con testate nazionali. Se la metà dei giornalisti italiani vive di precariato ciò significa che la libertà di stampa in Italia è dimezzata.
(in www.assostampafvg.it)
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