Tutto è fermo e l'opposizione comincia a protestare mentre la città da tempo manifesta il suo disagio e la sua insofferenza per l'inazione e le scelte antipopolari della giunta di destra. Pare che la prossima riunione dell'assemblea cittadina, che non tratterà certamente del Bilancio, si terrà entro la prima decade di marzo con all'ordine del giorno uno o più punti proposti dalla Lega il più eccentrico dei quali, si dice, riguarderebbe l'intitolazione di una strada a un personaggio dell'improbabile Walhalla padano: il professor Gianfranco Miglio.
Il "Mago Merlino" come lo chiamava Bossi prima di litigare con lui e definirlo invece, con la consueta eleganza, "una scoreggia nello spazio", dopo avergli negato il ruolo di ideologo della Lega e averlo additato ai suoi fedeli come “arteriosclerotico, traditore”, è infatti al centro di un ordine del giorno che il capogruppo leghista vorrebbe presentare per arricchire la toponomastica padernese con il suo nome.
Evidentemente sono queste per la Lega le iniziative importanti che la città attende da tempo. La sicurezza, il lavoro, lo sviluppo? Macchè, l'identità padana è il cibo di cui, secondo la Lega, i padernesi sarebbero affamati. I Padani così facendo non fanno altro che rispondere a una precisa direttiva bossiana che da questa estate ha spinto molti sindaci della Lombardia (Maleo, Gazzada Schianno, Lissone, ecc) a intitolare vie e piazze al "Prufesùr", teorico del ritorno al Medioevo, della fine degli Stati nazionali e della nascita della nuova Europa immaginata come federazione di città-stato e macro regioni.
Gli obbedienti leghisti padernesi non hanno molta memoria o cinicamente contano sull'ignoranza dei cittadini. I punti salienti del progetto di Miglio, esposti al congreso di Assago del 1993, vennero sostanzialmente respinti da Bossi che preferì seguire una politica di contrattazione con lo stato centrale che mirasse al rafforzamento delle autonomie regionali. Il dissenso tra i due divenne rottura dopo le elezioni politiche del 1994, quando il professore si disse contrario sia ad allearsi con Forza Italia, sia ad entrare nel primo governo Berlusconi. Bossi reagì spiegando che Miglio poneva "solo un problema di poltrone". A fronte dell'ennesimo insulto, il giurista politologo uscì dalla Lega dichiarando: "Per Bossi il federalismo è stato strumentale alla conquista e al mantenimento del potere. L'ultimo suo exploit è stato di essere riuscito a strappare a Berlusconi cinque ministri. Tornerò solo nel giorno in cui Bossi non sarà più segretario".
Oggi a undici anni dalla sua morte, la Lega, a corto di figure nobili, vorrebbe sfruttarlo ancora una volta per una campagna di immagine dal fiato corto. Una iniziativa che in situazioni come quella della nostra città, in cui le tensioni col PdL stanno emergendo e diventanto sempre più visibili, potrebbe anche assumere i contorni di una prova di forza tra alleati sull'orlo della crisi di nervi. Povero Miglio, questa miseria proprio non se la meritava.
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