Quando accadono in Italia grandi eventi relativi a politica e società, non manco mai di leggere sul settimanale Internazionale, la rubrica "Visto dagli altri" per capire come il resto del mondo ci giudica.
Il numero del 6
dicembre, in edicola venerdì scorso, cioè due giorni prima delle primarie del PD, ha dedicato la sua copertina a Matteo Renzi, nuovo segretario del Partito Democratico, è
lo ha fatto pubblicando sette articoli di altrettanti giornalisti stranieri.
Articoli molto
interessanti perché ci forniscono punti di vista differenti e
disinteressati, indicando come vedono dall'estero il personaggio che gli elettori democratici
considerano l'uomo del futuro. Leggendoli si scopre che per ora l'opinione pubblica straniera ha di Renzi un'immagine sfocata. Lo considera un
rottamatore che in realtà non ha rottamato niente perché ha soltanto raccolto i cocci di un partito la cui classe dirigente si era già
auto rottamata. Un aspirante leader che deve ancora dimostrare di non essere l'ennesimo
parolaio italiano.
Il primo articolo della cover story, di cui pubblico un breve passaggio, è
firmato da Michael Braun, corrispondente del quotidiano berlinese Die
Tageszeitung e parla dei rischi che corre il PD renziano: "Non è dato sapere
dove andrà il Pd sotto la guida di Renzi – osserva -. Ma un grande
rischio c'è: che l'unico partito strutturato rimasto sulla scena
diventi a sua volta un movimento amorfo e funzionale al suo leader
forte".
Andrea Vogt, giornalista americano che
vive e lavora a Bologna, sempre occupandosi del nuovo posizionamento del PD, scrive: "Dopo anni di continui
cambiamenti c'è un candidato che potrebbe trovare la chiave di
volta collocandosi al centro".
Irene Hernandez Velasco, corrispondete
de El Mundo sottolinea i limiti "caratteriali"del neosegretario democratico: "Renzi è un giovane astuto e abile, ma
secondo alcuni analisti è superficiale e ha poca esperienza di
governo. Il suo problema principale è lui stesso. Finirà come
Veltroni che attaccava il governo Prodi un giorno sì e l'altro pure
e poi perse le elezioni?".
Il corrispondente di Liberation, Eric
Jozsef, avverte "Non avendo sfruttato a fondo l'ultimo anno
trascorso per elaborare una proposta politica con una visione di
lungo termine, preferendo giocare sulle intuizioni (alcune azzeccate),
Renzi, dovrà riuscire a restare in sintonia con il Paese".
Stephan Foris, collaboratore di Time,
Bloomberg-Business Week e altre testate scrive di lui: "Un
grande oratore dalla retorica un po' scialba, non ha l'eloquenza che
dovrebbe avere una persona che aspira a essere il politico del
cambiamento. Non spicca neanche per le sue idee politiche. In Italia
non è difficile fare buone proposte, il problema è metterle in
pratica. O manterrà le promesse o passerà alla storia come
l'ennesimo politico chiacchierone neanche tanto capace".
Il giornalista inglese, Lee Marshall,
che vive e lavora in Italia, giudica la sua attività di sindaco e conclude: "Da sindaco ha fatto cose
buone, ma sembra più interessato ai grandi progetti che a risolvere
i problemi quotidiani". E parla di un Renzi che si pavoneggia davanti alle telecamere presentando il nuovo Teatro
dell'Opera mentre il "suo" Maggio Musicale Fiorentino sta miseramente fallendo.
Mads Frese, corrispondente del
quotidiano danese Information, afferma che Renzi non dà risposte
concrete e si chiede: "Come intende far vincere la sinistra? Come intende impedire
al capitalismo italiano di creare sviluppo senza progresso e una
diseguaglianza tale da corrodere l'economia, la politica, l'ambiente
e la convivenza civile? La sua visione economica è ispirata alla
terza via blairiana cioè al riformismo senza ambizioni
redistributive che ha contribuito alla crisi. L'egemonia culturale
che la sinistra deve conquistare per cambiare la società, nella
versione di Renzi somiglia alla sottocultura berlusconiana. In una
Paese dove la mancanza di progettualità politica ha aggravato
problemi quali il degrado civile e la criminalità organizzata lui
scrive un libro intitolato " Stil nuovo. La rivoluzione della
bellezza tra Dante e Twitter".
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