mercoledì 5 settembre 2012

RCS +200% in due settimane. Chi sta scalando il Corriere?


Un rastrellamento con la complicità dell'organo di controllo della borsa. Ricucci era nessuno al confronto. Il titolo del più grande gruppo editoriale (debiti in bilancio per 1 miliardo e perdite superiori a 1/3 del capitale) ha un flottante di appena 11%: dovrebbe essere sospeso. Impunità per chi scala il Corriere della Sera. Obiettivo: poter manipolare la battaglia politica elettorale di primavera. 
Così uno dei più noti siti italiani di informazione finanziaria ha dato ieri la notizia della scalata al quotidiano di Via Solferino e ha denunciato il tentativo di condizionare la politica italiana giunta a una svolta cruciale della sua storia recente. Ecco l'articolo di Luca Ciarrocca su wallstreetitalia del 4/9/2012.

Partiamo dai dati di fatto: il titolo RCS Media Group, l'azienda quotata a Piazza Affari a cui fa capo il Corriere della Sera, è target di un rastrellamento forsennato e improvviso. Sotto l'occhio spento e poco vigile della Consob, il 3 agosto 2012 RCS prezzava €0,4550, il 24 agosto (inizio della forte risalita) €0,5570, ieri 3 settembre ha chiuso a €1,70. La variazione è da capogiro, il valore in borsa del gruppo editoriale è triplicato in meno di due settimane, con un rialzo pari a +205,21%.
Ebbene, diciamolo, si tratta di un rastrellamento scandaloso, con la complicità indiretta dell'organo di controllo della borsa, che non batte ciglio e anzi pare avallare con la sua inazione il fatto che un titolo quotato possa più che triplicare di valore in pochi giorni, mentre la stessa Consob solleva obiezioni se Camfin (è successo ieri) sale del +7%.
L'odontotecnico divenuto immobiliarista Stefano Ricucci era nessuno al confronto, quando tentò la scalata a Rizzoli/Corriere della Sera nel 2005 (anche se all'epoca non c'erano i problemi dello spread, la recessione in Europa, la crisi globale, per cui il titolo strappò a 7 euro). La cosa più grottesca è il silenzio assoluto del resto dei media italiani: nessuno vuole andare a toccare il caposaldo dei "poteri forti" e del loro quotidiano, il Corriere della Sera. Per cui nessuno ne parla. A parte gli amici di Dagospia.
Centrale all'intera questione è comunque il fatto che RCS Media Group abbia un flottante (cioè la parte di azioni disponibile per le contrattazioni libere sul mercato) di appena l'11%, mentre la legge e i regolamenti chiaramente indicano una quota minima di flottante per le aziende quotate pari al 25%.
Per quel che sta accadendo, il titolo RCS dovrebbe essere sospeso ad infinitum, qui e ora, oppure bisognerebbe iniziare la procedura per ritirare l'azione dal mercato azionario e "riprivatizzare" la società: così è una farsa, il solito giocattolo in mano alle caste, per esclusivi fini di potere. Quel che è peggio, il governo di Mario Monti e il presidente della Consob Giuseppe Vegas stanno garantendo l'impunità a chi scala il Corriere della Sera. L'obiettivo è noto anche ai più sprovveduti: poter arrivare a manipolare la cruciale battaglia politica elettorale di primavera, quando andremo a votare, controllando il quotidiano "numero 1" in Italia per vendite (anche se si tratta di poco più di 400.000 copie al giorno).
In un articolo pubblicato a giugno 2012 Wall Street Italia ha evidenziato che sono soltanto sei (6) i quotidiani che superano il tetto delle 100.000 copie effettivamente vendute ogni giorno al netto delle rese, una classifica che ci pone al livello di un paese del quarto mondo. "Poteri forti" quindi, ma mica tanto.
"Va bene agosto, il titolo sottile e la speculazione, ma il 4,2% di azioni passate di mano in pochi giorni (sul capitale ordinario) su un 11% di flottante non è poco", ha detto a Reuters un analista che considera "senza senso" le attuali quotazioni di RCS.
Sempre Reuters aggiunge che «Tutto fa pensare che qualcuno stia rafforzando la sua posizione». «I nomi che vengono in mente sono i soci fuori dal patto (di sindacato), Giuseppe Rotelli (primo azionista del gruppo con il 16,5%, ndr) o Diego Della Valle (svincolato dal patto lo scorso 4 aprile e titolare di un 5,4% che non ha mai nascosto di voler aumentare)".
E poi: "Dal punto di vista dei fondamentali, gli analisti continuano a dire che questi prezzi non sono giustificabili, tanto più che sul gruppo editoriale, che ha chiuso il semestre con un debito di oltre un miliardo di euro e perdite superiori a un terzo del capitale, incombe il rischio di una ricapitalizzazione che non suscita esattamente l'entusiasmo degli azionisti. Di qui le indiscrezioni su uno scioglimento anticipato del patto che, unite alle attese per il piano di rilancio su cui è al lavoro il nuovo AD Pietro Scott Jovane e alle turbolenze che hanno investito la galassia di Mediobanca, hanno dato benzina alla speculazione.
"I soci hanno davanti l'opzione di un aumento di capitale o di un bond convertibile, ma accanto c'è anche la strada di una cura dimagrante del gruppo", dice a Reuters una fonte vicina alla situazione.
Il controllo di Rcs MediaGroup fa capo a un patto di sindacato che scadrà nel marzo 2014 composto da 13 azionisti, il fior fiore dei "poteri forti", che ha il 63,5% del capitale. L'assetto attuale risale al 2004, quando sono entrati nell'accordo Diego Della Valle, Salvatore Ligresti e Francesco Merloni, nell'ambito della sistemazione delle quote della Gemina dei Romiti.
Le partecipazioni più importanti fanno capo a Mediobanca (13,7%) e Fiat (10,3%). Segue poi la Italmobiliare di Giampiero Pesenti (7,4%), che è anche il presidente del patto. Della Valle e Pirelli hanno il 5,2%. Mentre Intesa Sanpaolo è a poco più del 4,9%, ma stando agli accordi ha facoltà di salire fino al 5,2%. Generali, rappresentata nel patto dal presidente Cesare Geronzi, ha il 3,7%. Giuseppe Lucchini e Francesco Merloni hanno il 2%. La Mittel di Giovanni Bazoli ha l'1,2%, mentre Roberto Bertazzoni ha l'1,2% (con facoltà di salire al 2%). Edison ha l'1%.


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