giovedì 16 agosto 2012

Ferragosto italiano


Ieri ho passato un Ferragosto molto tradizionale e per questo molto esclusivo in un'epoca in cui l'Italia in crisi sembra dividersi tra ricchi costretti a rinunciare alla "Vita Smeralda," cantata da quel vecchio gatto spelacchiato di Jerry Calà, e disoccupati o esodati senza reddito costretti a rimanere a casa afflitti dell'anticiclone africano.
Il mio Ferragosto 2012 invece l'ho trascorso così. A mezzogiorno abbiamo preso la strada della Fontana Buona alle spalle di Chiavari e ci siamo inerpicati sugli stretti tornanti che portano al passo del Bocco, valico a 956 metri che collega il comune di Mezzanego (un castello a due torri costruito dai Fieschi) con la provincia di Parma.
Dopo avere attraversato boschi di noccioli e castagni siamo arrivati su una cresta aperta ai quattro venti dove sorge la chiesa della Madonna del Carmine. Nello spiazzo che separa la chiesa seicentesca e il piccolo cimitero erano allestiti lunghi tavoli all'ombra di tendoni tesi tra due filari contrapposti di enormi alberi di noce dove abbiamo trovato posto, io mia moglie e le mie figlie a fianco di altre famiglie di gente del posto che ci avevano invitato. Il grande pranzo al quale partecipavano circa 200 persone era stato allestito per raccoglierei fondi necessari a finanziare la costruzione di un asilo d'infanzia nel Burundi, paese natio del parroco, un gigante nero giovane e sorridente che si aggirava tra i tavoli.
L'aria fresca che saliva dai boschi e dal mare lontano ci metteva l'acquolina in bocca trasportando a tratti il profumo stuzzicante di un grande" asàu" (200 chili di pancia di vitello) che, ingabbiato nelle grate girava sulle braci di castagno amorevolmente vigilato dai cuochi. Le donne intanto cominciavano a far circolare piatti di pasta al ragu e al pesto annaffiati dai vini della valle. Le libagioni e la pasta scioglievano la lingua a tutti e a me in particolare che avevo bisogno di rimuovere per qualche ora l'immagine cruda di mio padre noventenne, malato e sofferente nel suo letto.
Parlando con i miei vicini di tavola mi sono sorpreso a difendere l'idea che dalla crisi saremmo usciti ancora una volta in piedi e pronti a ripartire sull'onda di nuove idee e nuovi modelli di sviluppo economico e sociale. I miei interlocutori mi guardavano increduli mentre raccontavo le storie degli imprenditori piccoli e medi che settimanalmente da due anni intervisto per il mio giornale. Storie di successo di uomini e aziende che di questi tempi riescono comunque a chiudere i bilanci in attivo e registrare ricavi in crescita anche a due cifre.
Come il costruttore di piscine di seconda generazione che si è specializzato in impianti sportivi e, grazie alle sue soluzioni innmovative, ha vinto due gare per costruire le piscine di Londra 2012 in concorrenza con il resto del mondo. O come l'imprenditore che ha comprato un borgo abbandonato in Abruzzo, l'ha restaurato con cura maniacale usando materiali e forme medioevali e l'ha trasformato in un "albergo diffuso" che oggi fattura 300milioni l'anno suddivisi tra 23 microimprese turistiche locali.
Innovazione tecnologica, recupero e valorizzazione del paesaggio e del nostro patrimonio storico artistico, questi i punti di forza sui quali l'Italia che verrà, fatta di giovani più colti e preparati di noi, può costruire il suo futuro. Mentre la mia affabulazione conquistava la tavolata e metteva in circolazione piccole dosi di ottimismo, il buon cibo, il vino, il cielo blu e la compagnia di persone diverse e sconosciute tra loro che si scoprivano simili, nelle esperienze del passato e soprattutto nelle speranze del futuro, facevano il resto. Alla fine tutti gli astanti erano quasi tutti d'accordo: eravamo ancora un grande Paese, un grande popolo, i nostri figli avevano ancora una grande eredità su cui contare e un futuro da governare. 
L'Italia migliore a Ferragosto 2012 non era quella ancorata nella baia di Porto Cervo, o rinchiusa nelle ville di Porto Rotondo gardate a vista dai vigilantes, ma all'ombra fresca dei castagni di mille colline appenniniche come questa, tra bambini che rincorrono una palla, vecchi che si appisolano e madri che parlano dell'anno scolastico che attende i loro figli a settembre.

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