Galli della Loggia sul Corriere della Sera ha scritto un editoriale che, commentando le notizie sugli scandali che coinvolgono Formigoni e CL ha messo al centro della riflessione il nodo storico cruciale del cattolicesimo italiano.
"Checché se ne dica e se ne pensi da parte delle anime belle che immaginano il mondo secondo quanto è prescritto dai principi, il destino della politica, la sua vocazione, sono iscritte nel Dna stesso del cristianesimo" afferma. La storia della chiesa il suo divenire nei secoli un'istituzione universale l'ha costretta a fare i conti con la politica. Senza essere obbligata però ad entrare nella sua dimensione. Fare politica sì, ma salvando l'anima.
Una scommessa rischiosa, perché non è facile divenire parte politica e addirittura governare lo Stato, l'Italia, alla cui nascita si era stati avversi, e alla cui stessa vita e modi d'essere si era sempre guardato senza troppa simpatia. "È così che nella formazione del cattolicesimo politico italiano più che in quello di altri Paesi si sono iscritti due tratti tipici: l'orgoglio di un'identità diversa, e un intimo desiderio di rivalsa. Due tratti tipici che la vicinanza della Santa Sede non poteva che rafforzare, e che erano destinati a divenire due tentazioni permanenti: la tentazione della separatezza e quella dell'egemonismo". Che sono le due facce della stessa medaglia come ha mostrato a suo tempo, la parabola di certa sinistra cattolica. Una condizione che l'ha portata istintivamente a sentire la società ultra secolarizzata come aliena e ostile.
"Checché se ne dica e se ne pensi da parte delle anime belle che immaginano il mondo secondo quanto è prescritto dai principi, il destino della politica, la sua vocazione, sono iscritte nel Dna stesso del cristianesimo" afferma. La storia della chiesa il suo divenire nei secoli un'istituzione universale l'ha costretta a fare i conti con la politica. Senza essere obbligata però ad entrare nella sua dimensione. Fare politica sì, ma salvando l'anima.
Una scommessa rischiosa, perché non è facile divenire parte politica e addirittura governare lo Stato, l'Italia, alla cui nascita si era stati avversi, e alla cui stessa vita e modi d'essere si era sempre guardato senza troppa simpatia. "È così che nella formazione del cattolicesimo politico italiano più che in quello di altri Paesi si sono iscritti due tratti tipici: l'orgoglio di un'identità diversa, e un intimo desiderio di rivalsa. Due tratti tipici che la vicinanza della Santa Sede non poteva che rafforzare, e che erano destinati a divenire due tentazioni permanenti: la tentazione della separatezza e quella dell'egemonismo". Che sono le due facce della stessa medaglia come ha mostrato a suo tempo, la parabola di certa sinistra cattolica. Una condizione che l'ha portata istintivamente a sentire la società ultra secolarizzata come aliena e ostile.
Un tipico esempio locale di questa posizione è quello di Giovanni Giuranna che non capisce e stigmatizza la rivolta di massa degli utenti della palestra di Calderara ingannati dalla proprietà, gli stessi che però non muovono un dito di fronte alla tragedia della Eureco o alla presenza mafiosa. Animatore di tante iniziative e proposte lodevoli egli si rivela, di fronte a una società che non è quella che vorrebbe, autoreferenziale e cede alla tentazione della separatezza rifugiandosi nelle sue certezze e superiorità morali.
A un livello più politico la tentazione egemonica (speculare alla separatezza) si riscontra nel Partito Democratico dove alcuni (una minoranza) cattolici tendono a costituirsi in componente dentro il partito e tenerlo continuamente in tensione, sfidando i vertici ad accettare la doppia verità su certe scelte o a rompere provocando la scissione. A Paderno Dugnano questo lo si è visto purtroppo molte volte e spiega bene le posizioni "deboli" assunte dal PD su certe questioni.
Questi cattolici non capiscono o non vogliono capire che qualunque iniziativa politica che voglia mirare in alto qui a Paderno come altrove deve: "superare ogni egemonismo, spogliarsi di ogni abito di autosufficienza culturale e avviare un dialogo alla pari con identità differenti dalla propria, insieme alle quali cercare significativi punti di convergenza – come scrive l'editorialista del Corriere -. Ha bisogno in sostanza di riconoscersi in una autentica prospettiva federativa offerta in modo non strumentale a forze politiche d'ispirazione non cattolica. Ha bisogno, sia pure in condizioni oggi diversissime, del realismo e del coraggio di cui seppe dare prova De Gasperi nel 1947-48, allorché mise insieme una coalizione di forze diverse, e la mantenne pure dopo la vittoria del 18 aprile, a dispetto dei fremiti egemonici e delle rivendicazioni identitarie di molti dei suoi". De Gasperi, Giuranna, non Dossetti.
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