1) Rileggere il reportage di Roth
sull'evoluzione della NEP e la costruzione dello stato sovietico nel 1926 mi
ha fatto venire voglia di raccontare quello che è stato il mio
piccolo (6 giorni) "viaggio in Russia" nell'estate del 1989, anno in
cui si tennero le prime elezioni libere e il PCUS venne sfidato
da candidati extra-partito. Come potevo perdermi l'occasione di
vedere con i miei occhi l'inizio della fine dell'impero rosso e lo
spettacolo di un gigantesco regime totalitario sul viale del
tramonto?
Arrivai a Mosca con il classico volo
serale Aeroflot da Vienna, atterrai a Sheremetyevo che faceva già
buio. Facevo parte di una delegazione di costruttori italiani di robot e
macchine utensili, funzionari del Ministero del Commercio
Estero, esponenti di Confindustria e broker di materie prime che
avevano voluto al loro seguito anche un giornalista de Il Sole 24 Ore (il
sottoscritto) e uno della redazione economica dei periodici
Mondadori (un giovane Giorgio Meletti) affidati alle cure di un ancor
più giovane PR della scuderia Barabino&Partners (di cui oggi è socio e vicepresidente), il mio caro amico
Federico Stainer .
Arrivati in città dall'aeroporto viaggiando sulle
delle enormi Chaika, gonfie e lente come dirigibili, gli imprenditori ed espositori vennero
alloggiati in un grande albergo di lusso costruito nel più pacchiano
stile americano vicino al quartiere fieristico, i Vip vennero
alloggiati in una foresteria di stato, ospiti del governo, noi tre
tapini invece ci infilarono in un rudere del più spartano stile sovietico, l'Hotel Intourist,
decisamente modesto e bruttino, ma praticamente affacciato sul
Cremlino perciò centralissimo e comodissimo per noi.
Il primo problema fu: dove si mangia?
L'hotel vantava ben 4 ristoranti ma alle 22 erano già chiusi. Nema
problema ci rassicurò Federico (parlava forse cinque parole di russo e se la tirava), che dopo averci fatto girare l'angolo
dell'Hotel andò a colpo sicuro verso un palazzo dove c'era un ristorante riservato a
chi poteva pagare in dollari.
Bastò darne un paio al buttadentro per
ottenere subito un tavolo, ma il servizio era non a la carte: ci toccarono
un bell'antipasto russo di pesce (storione, salmone, trota
affumicati) e caviale di vari tipi seguiti da un incredibile pollo
fritto del Kentucky per la modica cifra di 80 dollari a testa, il
tutto annaffiato da vino georgiano e vodka di prima qualità.
Tornati in albergo trovai nella mia
camera la vecchia cameriera del piano che pescava un po' di Marlboro da un
pacchetto incustodito sul mio comodino, ma io ero così allegro per il
cibo e il vino che le regalai tutto il pacchetto ottenendo in cambio da quella nonnetta grandi sorrisi, inchini e baci lanciati a piene mani.
Il mattino dopo andammo alla fiera, la
Metallobrabotka, dove incontrammo gli espositori facemmo un po' di
interviste, assistemmo a una conferenza stampa italo-russa pertanto
lunghetta e ci facemmo massacrare i timpani dallo stand Comau (Fiat) che
esponeva a Mosca i suoi robot Smart ultimo modello a sei gradi di
libertà i quali si muovevano con grazia seguendo una musica a volume altissimo che si
ripeteva sempre uguale ogni quarto d'ora.
La nostra interprete Natasha, una
biondina (ma le radici dei capelli erano nere e portava al collo una
piccolissima stella di David) ci spiegava chi erano i visitatori e
chi i compratori, cioè i funzionari dei vari ministeri perché
nemmeno i direttori delle fabbriche più grandi potevano comprare
direttamente le macchine, solo guardare e poi inviare la richiesta
alla "bisignina" (una specie di centrale acquisti
ministeriale) del settore...e aspettare la risposta. Il funzionamento del sistema l'avremmo capito meglio il giorno dopo quando in programma c'era la
visita della più grande fabbrica metalmeccanica di Mosca che si
chiamava Proletariato Rosso e produceva macchine utensili
d'avanguardia con tecnologie moderne.
Dopo il buffet nel pomeriggio io me ne
andai a zonzo sull'Arbat e nella altre strade attorno alla
Piazza Rossa, volevo vedere chi erano i moscoviti, entrare nei loro
negozi, vedere come vestivano e come passavano la giornata fuori dal
lavoro. Il negozio del macellaio era pieno di gente in fila con la
sporta, disposti su più file, che lentamente si avvicinavano al
banco. Sbirciando per vedere cosa c'era in vendita non riuscii a
capire cosa fosse quell'ammasso di carne sanguinolenta che sembrava
venisse macellata direttamente sul bancone. I pezzi non erano
identificabili inoltre a pomeriggio inoltrato ce n'era rimasta ben
poca e la maggior parte dei clienti sarebbe rimasta a bocca asciutta,
Provai a tentare con i dolciumi, ma anche qui patetici pacchi di
biscotti secchi, vasi di caramelle e poche torte dall'aria anemica.
Niente di invitante. In una vietta laterale c'era animazione e vidi
un camion che scaricava e vendeva direttamente dal pianale sacchi di
patate. La fila era blandamente sorvegliata da miliziani armati. Le
patate abbondavano.
Per chiudere con il tour merceologico
entrai in un negozio di abbigliamento, ma i capi in vendita erano
imbarazzanti per noi italiani. Era roba anni '60, per non parlare
dell'abbigliamento intimo per signora, reggiseni in tela cerata rosa,
fatti più per animali da tiro che essere indossati da una signora.
Anche i mitici magazzini Gum si rivelarono una delusione;
meravigliosa l'architettura, penose le vetrine che esponevano cose da
merceria di paese. Mi guardavo in giro e mi chiedevo ma questi russi come si vestono? E poi a forza di guardare le gonne e i vestiti delle donne capii: in casa con la macchina da cucire, come facevano le nostre mamme negli anni 50-60
Tornando in albergo un tizio mi fermò per strada
e mi chiese sui due piedi di scambiarci le scarpe in cambio di un
orologio da ufficiale dell'Armata Rossa. Declinai gentilmente
l'offerta (anche perché di scarpe ne avevo portato solo tre paia) e
me ne liberai regalandogli un sigaretta e chiacchierando un po' di
Italia, musica e calcio in linguaggio babelico, russo, italiano,
inglese.
La sera eravamo invitati a un
ricevimento offerto non mi ricordo da chi in un locale dell'Arbat, il
quartiere residenziale che nell'800 era considerato il più
prestigioso di Mosca. Distrutto da Napoleone venne ricostruito e
negli anni 20 era abitato e animato da numerosi artisti, accademici,
e naturalmente funzionari pubblici di alto grado. Oggi è un'aera
pedonale lunga un chilometro ad alta attrazione turistica.
(Continua)
2 commenti:
Solo una correzione: Kentucky, con "ck".
Cordialità.
Grazie, correggo subito
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