Tanto tuonò che piovve. Il consiglio federale della Lega Nord si è trasformato oggi pomeriggio in una pantomima (la storia si ripete sempre, prima come tragedia, poi come farsa) del Gran Consiglio del 25 luglio 1943.
Bossi ha rassegnato le sue dimissioni "irrevocabili" da segretario generale, e il partito è stato lasciato nelle mani di un "triumvirato" costituito da Maroni, Calderoli e dalla parlamentare veneta Emanuela Dal Lago, che lo ha nominato subito Presidente, una carica puramente onorifica.
Il triumviurato gestirà il partito fino al Congresso, ma i primi contrasti, grida e insulti dei militanti a Maroni definito da alcuni "traditore", lasciano intendere che non si tratterà di un interregno facile, dall'esito per niente scontato.
Si chiude oggi pomeriggio la parabola politica di un'altro, (dopo Berlusconi) dei leader politici "nuovi" prodotti dalla crisi della Prima Repubblica, i quali hanno dato vita e caratterizzato insieme la Seconda Repubblica, già archiviata a dicembre 2011 dal governo Monti e sulla cui fossa è stata posta oggi la pietra tombale.
Adesso si tratta di vedere che strada prenderà questo partito-movimento orbato in modo traumatico del suo leader carismatico, il mitico fondatore che l'ha guidato per 20 anni. Esploderà e si disperderà in tanti movimenti locali o troverà una sua nuova dimensione più democratica e davvero federale, esprimendo una classe dirigente capace di dargli una nuova prospettiva politica?
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