lunedì 30 gennaio 2012

I social network e la comunicazione sociale

Ma i blog e i social network sono utili per far crescere la conoscenza delle persone, il dialogo e il confronto democratico tra cittadini, per sviluppare il loro essere "sociali"? 
A volte ne dubito. I social network come facebook e i blog sembrano invece costituire un ostacolo oggettivo al raggiungimento del fine dichiarato. Lo dimostra il fatto che quando si propongono su questi media argomenti corposi e densi la maggior parte dei lettori e dei commentatori si ritraggono e non partecipano. Oppure si limitano ad esprimere delle non-opinioni come quella lasciata da tale "maf" (anche l'anonimato o l'abitudine a celarsi dietro sigle e pseudonimi rientra nel quadro della pseudo comunicazione), su Paderno7 a commento del "coccodrillo" pubblicato per ricordare la figura di Oscar Luigi Scalfaro, recentemente scomparso.
"Non mi era simpatico come presidente anzi ritengo che sia stato uno dei peggiori". Punto. Cos'è questa un'opinione? Si può liquidare la figura e l'opera di un uomo politico che dalla Costituente fino a l'altro ieri ha partecipato con ruoli sempre molto impegnativi alla vita della nazione, con un: "non mi era simpatico"? Che cavolo significa? E come si può affermare di ritenerlo "uno dei peggiori" presidenti della Repubblica senza sentire l'elementare bisogno (stando sull'orlo virtuale della sua tomba) di argomentare anche minimamente questa affermazione apodittica?
Ecco, io credo che l'anonimo "maf" si esprima così perché il mezzo, cioè i social network, e il modello di relazioni sempre più povero e inconsistente che i nuovi media hanno diffuso, gli impongono di fare così. Io che conosco a grandi linee la storia di Scalfaro, e le cose che ha fatto sia come importante esponente politico democristiano che come presidente della Repubblica, alla notizia della sua morte ho sentito il bisogno elementare di andare a leggermi tutto quello che è stato scritto su di lui e ripercorrere dedicando un'oretta di ricerca su internet, le fasi salienti della sua lunga vita pubblica; dalla sua nomina a magistrato nel 1943, alle sue prese di posizioni, come ministro della Giustizia, sull'amnistia, al modo con il quale ha interpretato il suo ruolo di Presidente durante il periodo di "mani pulite" e nei confronti del primo governo Berlusconi, che fallì e fu sostituito, anche allora, da un "governo tecnico".
Detto questo non me la sento ancora di dare giudizi sulla sua vita di politico al servizio della Repubblica. Il disinibito "maf" invece è sicuro di sè. Scalfaro gli era antipatico e tanto basta.
Insomma i social network veicolano conoscenza, idee utili alla vita democratica o veicolano solo la pochezza intellettuale e culturale, che sul web viene presentata come  "opinione", degna dunque di rispetto, dalla maggioranza degli utenti? 
Ps. il fatto che ormai l'uso dei social network e dei blogger è divenuto parte integrante della strategia di marketing delle aziende che li usano per lanciare prodotti e costruire immagini e opinioni positive attorno agli stili di vita connessi, rafforza i miei dubbi 

6 commenti:

Efrem Maestri ha detto...

Carissimo Carlo,
lasciando perdere le affermazioni fatte da maf sul blog Paderno 7.0, nel leggere il post da te pubblicato sono rimasto molto perplesso.

Credo che come non si può liquidare attraverso una frase banale il compianto Presidente Scalfaro, il quale è stato una figura importante della storia della Prima e della Seconda Repubblica, non si può nemmeno liquidare con un giudizio abbastanza negativo l'utilità dei social network.
Cominciamo col dire che i blog non sono dei social network ma dei diari pubblici: è vero che i blog possono avere anche un'utilità sociale e/o favorire una discussione su un determinato argomento in quanto viene data la possibilità di commentare, ma non sono dei social network.

«Quando si propongono su questi media argomenti corposi e densi la maggior parte dei lettori e dei commentatori si ritraggono e non partecipano». Démm Carlo, non vuol dire che se una persona non commenta non abbia letto il post: tu che sei un giornalista penso che sai cosa voglia dire il concetto di “maggioranza silenziosa”.
Anch'io ho un blog su Wordpress, dove parlo di musica indie che, ahimè per pigrizia, ho abbandonato temporaneamente. Ovviamente la musica indie non è un argomento corposo e nemmeno tanto popolare (altrimenti non si chiamerebbe indie), ma se vado a guardare il n° delle visualizzazioni col n° dei commenti è chiaro che non coincidono. E penso che la medesima cosa si verifichi anche per il tuo blog e per gli altri.
Social network significa letteralmente "rete sociale", cioè un gruppo di persone che tra di loro hanno dei legami sociali (conoscenti, amici, parenti, familiari, colleghi di lavoro, compagni di scuola ecc...). Rete sociale, sociologicamente parlando, è sinonimo di comunità: 4 vecchietti che giocano a carte al Circolo Acli o Arci sono una rete sociale; una squadra di calcio, un partito, un'associazione ecc. sono anch'essi esempi di rete sociale.

Con l'avvento del Web il termine social network si è usato per definire Facebook, Myspace, Twitter, Google Plus ecc.. che, in realtà, sono social network sites (siti di reti sociali).
Questi ultimi non sono altro che la trasposizione dalla terraferma al web 2.0 della rete sociale di cui è parte un individuo. Se un individuo nel mondo reale è “maggioranza silenziosa” lo è anche nel web. Se un individuo nel mondo reale parla così, parlerà anche così anche davanti ad un Pc.
Quindi, di cosa ti stupisci Carlo se una persona come maf fa un affermazione del genere?

Bisogna dire però che esistono alcune difformità tra il mondo reale e il web: se dovessi confrontare il numero di persone con cui sono in grado di mantenere relazioni sociali stabili e il numero di "amici" che ho su Facebook (circa 1500), denoto un divario enorme.
Dunbar, antropologo britannico, diceva che massimo una persona riesce ad intrattenere circa 150 relazioni sociali stabili: se guardo la mia situazione, su Facebook ho uno 0 in più. E non è normale!
La domanda che dobbiamo porci secondo me è un’altra: quanto sono effettive le relazioni sociali sui social network ?!?

Come tutte le cose, anche i social network sites hanno i loro pregi e i loro difetti.

A me, ad esempio piace molto Twitter – che reputo migliore di Facebook – in quanto posso seguire gli argomenti che mi interessano (con la funzione hashtag #), non ho inviti per giochi, applicazioni ecc… , mi costringe a riflettere prima di scrivere perché ho un limite di 140 caratteri (l’unico caso in cui non sono prolisso). Twitter inoltre si è rivelato un potentissimo mezzo di informazione: vedi rivoluzioni paesi arabi, i riots a londra, il terremoto in abruzzo ecc e, appunto, la notizia della morte di Scalfaro, che su Twitter già circolava alle 8:07 di domenica mattina. Ripeto, come tutte le cose, anche i social network hanno i loro pregi e i loro difetti: basta usarli con parsimonia e soprattutto la testa e il buonsenso.

carlo arcari ha detto...

Marshall McLuhan affermava «il mezzo è il messaggio», sentenza integrata con la meno nota osservazione del suo allievo, Derrik de Kerckhove, secondo il quale «il pubblico è il contenuto». Chi usa l’informazione la determina.
Il livello dei contenuti dei media digitali e dei social network sono dunque determinati dal livello del pubblico. E' questo il loro punto di forza ma anche il loro limite.

carlo arcari ha detto...

Ps questa immanenza del pubblico, ovviamente, è decisiva nel caso dei social network e dei blog non moderati dove il ruolo di mediazione e la figura stessa del comunicatore non esiste. Diverso è il ruolo esercitato invece nei giornali online o nei blog moderati, ad esempio il mio, dove il lettore partecipa alla determinazione dei contenuti nei modi e nei tempi stabiliti e decisi dal gestore che li media selezionandoli e indirizzando la relazione e il dibattito.
L'esempio puntuale è il commento insultante e gratuito su Scalfaro scritto da Pierino Favrin, sempre su Paderno7 al quale ne ha fatto seguito un altro. Tu dirai, ma il blog pubblicherebbe anche messaggi a favore di Scalfaro e contrari a Favrin. Giusto, ma il livello dei commenti è talmente basso e inaccettabile da determinare i contenuti e scoraggiare qualsiasi dibattito o intervento diverso.

Anonimo ha detto...

Caro Arcari,
I Tuoi giudizi tranchant,mi inducono sempre a riflettere.
Ma dei morti bisogna sempre tacere
o ipocritamente parlarne bene?I miei giudizi su Scalfaro si sono accumulati nel tempo,non ho bisogno di leggere la Sua biografia su internet o wikipedia.Cosa dire di un magistrato cristiano che nel marasma di una guerra appena terminata manda a morte un uomo,o che dire di un uomo che schiaffeggia in pubblico una signora perchè non gradisce il suo decoltè.
Ciao
pierino favrin

carlo arcari ha detto...

Favrin, giudico il tuo intervento su Scalfaro indegno quanto insulso, per i termini usati e per l'odio immotivato che esprime nei confronti di una persona, di un servitore dello Stato, la cui storia politica non si può certo riassumere nei due episodi da te citati. Episodi che non a caso gli sono stati sempre rinfacciati dagli ex repubblichini (il fucilato era un capo della tristemente nota Squadraccia di Novara responsabile di feroci delitti), dai missini (la donna era una esponente del Msi) e da generazioni di giornalisti di destra. Mi spiace per te, ma ritengo che tu abbia fatto una ben misera figura e quel che è peggio, dal momento che sei un membro anziano della nostra comunità, un pessimo esempio.

Efrem Maestri ha detto...

Carissimo Pierino,
leggendo i tuoi interventi sia su Paderno 7.0, sia su questo blog sono rimasto alquanto sbigottito: è pur vero che vivendo in democrazia e in quanto dotati di libertà personale e di libero arbitrio ognuno è libero di fare le sue scelte e di pensarla come vuole; ma è altrettanto vero che da impegnati in politica come te (e come me) sarebbe carino non liquidare un rappresentante istituzionale in quattro righe.
La tua domanda «Ma dei morti bisogna sempre tacere o ipocritamente parlarne bene?» mi ha fatto riflettere sull'incapacità del perdono anche di fronte la morte e a ricordare la differenza tra la pietas civile e la pietas religiosa : due concetti ben distinti ma non contrapposti tra di loro. Mi sono anche chiesto se siamo noi in diritto nel criticare la vita di qualcuno, ma soprattutto se siamo noi coloro che devono giudicare la vita di qualcuno. Scalfaro è vero che ha mandato a morte 8 repubblichini quando era a capo del Tribunale del Popolo. Ha sbagliato, indubbiamente; ma alla Squadraccia di Novara, coi crimini commessi, non è che poteva dirgli bravi e regalargli un mazzo di fiori! (con questo non voglio giustificarlo).
La cosa che mi ha fatto più schifo – scusami per l’espressione – della morte di Scalfaro è stato, da parte di molti, non rendergli omaggio o, peggio ancora, come in Consiglio regionale del Piemonte ieri e alla Camera oggi, non essere presenti e/o alzarsi uscendo dall'Aula nel momento in cui si ricordava la sua figura.
Tu Pierino ricorderai sicuramente, considerato che hai 46 anni in più di me, la morte di altre figure politiche della Prima Repubblica: quando morì Almirante, al suo funerale parteciparono Ingrao, Pajetta e la Jotti; ancora in vita, Almirante, quando morì Berlinguer, andò assieme a Pino Romualdi al Bottegone a rendergli omaggio; Andreotti partecipò al funerale di Berlinguer.
Di Presidenti “peggiori” di Scalfaro – secondo il mio modestissimo parere – ne abbiamo avuti: ma nessuno al funerale di Leone e di Cossiga si è permesso di fare ostruzionismo alle commemorazioni.
Credo si possa essere politicamente d’accordo o contrario alla figura di un uomo, a quello in cui nella sua vita ha creduto, a quello che nella sua vita ha fatto, giusto o sbagliato che sia; ma il rispetto dell’avversario bisogna sempre averlo. Non so perché, ma mi viene in mente la poesia di Ungaretti “Non gridate più”:
Cessate di uccidere i morti/non gridate più, non gridate/se li volete ancora udire,/se sperate di non perire.
Hanno l'impercettibile sussurro,/non fanno più rumore/del crescere dell'erba,/lieta dove non passa l'uomo.

Forse sarebbe il caso di non gridare più e di ritornare a quella sobrietà che caratterizzava tanti uomini onesti della Prima Repubblica e del pensiero democratico.