venerdì 21 ottobre 2011

La fine annunciata dei tiranni

I dittatori, i tiranni, gli assassini del loro popolo lo sanno di essere condannati a una brutta fine. E la temono, la attendono. La natura umana è complessa, ma in fondo semplice: fin dalla tenera infanzia sappiamo tutti cos’è il bene e cos’è il male, senza che nessuno ce lo spieghi.  Anche il peggiore dei criminali quando fa il male, lo fa sempre un po’ contro natura, e questa coscienza fantasma lo agita e lo tormenta nei sogni in cui egli immagina la sua punizione.  Non è un caso se i tiranni finiscono sempre catturati, braccati in fuga, nascosti in un buco o travestiti, e spesso vengono macellati barbaramente sul posto come nei loro sogni premonitori.
Oggi che la orrenda e pornografica fine di Gheddafi è diventato uno spettacolo vissuto quasi in diretta da milioni di persone, ripresa in un filmato registrato da decine di inevitabili telefonini in cui lo si vede, stracciato e  insanguinato, insultato e ammazzato sul cofano di un camioncino, non si può non ricordare la fine di altri dittatori. Saddam Hussein impiccato tra le urla e gli insulti dei suoi nemici, come in un linciaggio. Ceausescu fucilato sommariamente in un cortile insieme alla moglie davanti a una telecamera, crivellati da 100 colpi di kalasnikow. E che dire di Mussolini, catturato in fuga travestito da maresciallo tedesco, ammazzato davanti a un cancello con l’amante e poi appeso per i piedi alla tettoia di un garage in Piazzale Loreto. L’epilogo di Dongo con lui ucciso e il suo corpo offerto al ludibrio della folla era una delle sue fantasie abituali, già nel 1924, scrive Giorgio Bocca nel libro "Mussolini socialfascista" (Garzanti 1983). A un amico confessava che “…sono certo che nessuno avrà alcuna pietà quando potrà ammirare lo spettacolo del mio cadavere informe, crivellato di colpi e sfracellatosi per scendere a furia di popolo sul selciato della piazza”.
Il suo amico Hitler se l’è cavata meglio, ma lui da buon tedesco aveva pianificato il suicidio e la distruzione del suo cadavere con l’ultima tanica di benzina che restava del bunker della cancelleria martellato dalle artiglierie dell'Armata Rossa.

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