venerdì 30 settembre 2011

Il palo sguercio della banda dell'Ortica

Oggi scrivendo un commento sui fatti della nostra città mi è venuto di citare "il palo sguercio della banda dell'ortica", cioè il fantastico protagonista di una canzone milanese scritta 50 anni fa da un autore, cantante, attore e artista straordinario che i giovani sicuramente  non conoscono: Walter Valdi. 
La canzone resa famosa anche da molti altri interpreti tra cui il più efficace a mio parere è stato Enzo Jannacci che ne ha fatto una versione stralunata con musica cambiata e ritmo travolgente, narra la storia di una banda di ladri in perfetto stile Soliti ignoti (l'Ortica è un quartiere popolare di Milano). La banda lascia il suo membro meno dotato a fare da "palo", a curare cioè che non arrivi nessuno a disturbare il colpo; ma il palo ci vede molto poco, e ci sente anche meno. "Faceva il palo nella banda dell'Ortica/ Faceva il palo perché l'era el sö misté/ ma a vederci, non vedeva un'autobotte/ però a sentighi, ghe sentiva un accident!" dice il refrain della canzone.
Puntualmente i malviventi vengono tutti catturati dalle forze dell'ordine; tutti tranne il palo, che – ignaro dell'arresto dei compari – rimane fisso nella postazione a lui assegnata. L'indomani i passanti lo scambiano per un cieco e gli dànno l'elemosina. Lui, pensando che si tratti dei complici che gli portano il bottino a dieci lire per volta (diventate poi cento nelle successive versioni cantate da Jannacci), "circospetto, guarda in giro e mette via", ma s'indispettisce per la lentezza del lavoro e si ripromette di mettersi in proprio.
La canzone mi è tornata alla mente mentre scrivevo di un tipo umano: quelli che...non vedono niente, non ci sentono più bene e non capiscono niente. Quelli insomma, che sono venuti da Como per niente perché anche se vedono il miracolo (di Prete Liprando) non lo riconoscono perché distratti a guardare altrove. Un tipo di testimoni innocui e inutili di cui è pieno il mondo.
Le ambientazioni preferite da Valdi erano quelle della Milano popolare, dei cortili di ringhiera e della periferia, spesso elogiata e paragonata, per contrasto, alla cafoneria dei nuovi ricchi, che negli anni del boom non mancavano, oppure ai nuovi modelli sociali (dagli immigrati agli affaristi, dai burocrati ai politici).
La città che Valdi conosceva e descriveva è la Milano umile e lavoratrice oppure quella dei poveracci che tirano a campare o dei malavitosi da due lire; insomma quelli le cui storie immancabilmente finiscono in via Filangieri al nümer dü,  indirizzo del carcere di San Vittore. I suoi personaggi erano dei meravigliosi perdenti, sconfitti dalle circostanze avverse o da chi è più furbo di loro, che alla fine ci ridevano sopra perché è sempre meglio farsi una risata amara che mollare. 

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