“Venite a trovarmi dal 23 luglio in Villa reale a Monza. Avrò lì il mio ufficio e quello degli altri due ministeri”. Anche durante la sua ultima visita padernese, Umberto Bossi, ha ripetuto la storia del trasferimento di tre ministeri “leghisti”, il suo, quello di Calderoli e quello di Tremonti (ma l’interessato non conferma) nella vecchia reggia asburgica.
“La bella addormentata nel Parco”, come qualcuno l'ha soprannominata, da un secolo cerca invano di uscire dignitosamente dal degrado e dalla decadenza alla quale l’ha condannata il regicidio dell’anarchico Bresci che provocò l’abbandono dei Savoia e la sua cessione successiva agli enti locali, Comuni di Monza e Milano, prima, Regione Lombardia poi.
Bossi però non è molto credibile e la sua intenzione, una trovata puramente propagandistica tesa a blandire gli stanchi militanti del Carroccio, sfiduciati dalla crisi in cui si dibatte il governo sostenuto dal loro partito, appare come l’ennesima favola celtica destinata a non avverarsi.
L’edificio voluto da Maria Teresa d’Austria infatti è stato dato mesi fa in gestione a un privato che si è aggiudicato la gara d’appalto per la riqualificazione e la gestione della ex reggia: la ”Italiana Costruzioni” che ha sede a Roma. Il suo proprietario, Claudio Navarra, considerato molto amico di Berlusconi, difficilmente potrà esaudire Bossi, anche perché delle oltre 720 stanze della Villa, attualmente sono state restaurate e sono visitabili solo alcuni saloni d’onore, gli appartamenti reali e la biblioteca che non potranno venire adibiti a sedi ministeriali di sorta.
Strano destino quello della reggia imperiale asburgica. Dal dopoguerra ad oggi è stata rivendicata e usata per tante cose tutte precarie e improbabili: sede di mostre di arredamento, deposito delle opere d’arte monzesi, usi pubblicitari, manifestazioni varie. L’ex onorevole Cicciolina, che si candidò a sindaco di Monza nel 2002 propose di farne un Casinò. Formigoni voleva farne la sua sede di rappresentanza, con annessa foresteria di lusso e SPA. Oggi Bossi e i suoi leghisti la rivendicano come preda simbolica da mostrare alle loro tribù valligiane.
La Villa imperiale è un edificio straordinario che i monzesi, i brianzoli e i milanesi, che del gioiello neoclassico se ne sono sempre bellamente fregati, decisamente non si meritano. La sua costruzione su progetto dell’architetto Piermarini, incaricato dall’arciduca Ferdinando che ne fece la sede della sua residenza di campagna, rappresenta un vero record: fu costruita in soli tre anni. Dopo 16 anni, arrivò Eugenio di Beauharnais, nel 1805 nominato da Napoleone viceré del nuovo Regno d'Italia. Egli fissò la sua residenza principale nella Villa che assunse per la prima volta il nome di Villa Reale. Tra il 1806 e il 1808 per suo volere al complesso della Villa e dei suoi Giardini fu affiancato il Parco, recintato e vasto 750 ettari, destinato a tenuta agricola e riserva di caccia. Anche il Parco, realizzato in poco tempo, due anni, dall’architetto Luigi Canonica, rappresentava un modello unico di trasformazione territoriale al servizio della corte reale che aveva sede nella Villa. Era diviso in tre parti distinte: l'area monumentale che comprendeva i giardini della Villa, l'era residenziale e agricola che comprendeva anche le ville di campagna, i terreni coltivati e le strutture agricole di proprietà dei nobili milanesi (cascine, mulini, orti e frutteti, allevamenti modello), l'area naturalistica con fagianaia e riserva venatoria.
Oggi è un parco semi abbandonato, che ospita i resti di ville e cascine cadenti, sconciato dalla presenza nella ex riserva di caccia, il Bosco Bello, dal Golf Club Milano, subaffittuario di un altro inquilino molesto e incongruo: il vecchio e in parte cadente autodromo di proprietà dell’ACI milanese, di cui ci si dovrebbe liberare una volta per tutte.
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