venerdì 22 luglio 2011

Genova, 10 anni dopo cosa abbiamo imparato?

Che lezione abbiamo imparato dai fatti del 20 luglio 2001, la morte di Carlo Giuliani, l’assalto alla scuola Diaz, le violenze poliziesche nel carcere di Bolzaneto? 
Pensavo proprio a questo nei giorni scorsi, dopo i fatti della Val di Susa, dove una manifestazione pacifica contro l’alta velocità si era conclusa con quattro ore di guerriglia scatenata da un gruppo di giovani manifestanti andati lì a dare l’assalto al cantiere ferroviario difeso dalla Polizia che alcuni esponenti del movimento No TAV avevano evidentemente invitato all'evento.
La grande manifestazione di Genova contro il G8 falli, decretando la scomparsa del movimento No Global italiano,  perché i suoi organizzatori, Luca Casarini e Vittorio Agnoletto, avevano commesso l’errore di voler tenere insieme nello stesso corteo, la disponibilità e la pratica della violenza di una parte dei centri sociali che venivano da essi considerati parte integrante del movimento, e tutto il resto dei manifestanti che erano invece assolutamente non violenti e non erano venuti a Genova con bambini e nonni per “dare l’assalto al G8”, ma solo per manifestare democraticamente e legalmente la propria opposizione alle scelte politiche dei rappresentanti del potere globale.
La violenza inaudita, messa in campo come risposta dalle forze dell’ordine e lo scatenamento di di questa violenza su migliaia di cittadini inermi, una mossa decisa politicamente, a freddo, dai responsabili del governo che gestivano la piazza (Scajola, ministro dell’Interno, Castelli, ministro della Giustizia, Fini, vicepresidente del Consiglio, tutti e tre presenti a Genova) è un fatto storicamente accertato e indiscutibile. Come è indiscutibile il fatto che proprio l’uso della violenza abbia cancellato in pochissimi mesi anche le tracce di quel grande movimento.
Oggi i dirigenti di allora, che non hanno mai fatto alcuna autocritica dei loro errori, affermano a dieci anni di distanza (forse per autoassolversi storicamente), che quel movimento non è morto, ma si è “innervato” in altri movimenti: quelli per la difesa territoriale contro le grandi opere, come appunto il No TAV, o per la difesa dei beni comuni come l’Acqua Pubblica che ha vinto il referendum (con l’appoggio dei partiti di opposizione, PD in testa). Vittorio Agnoletto, intervistato nei giorni scorsi continua ad accusare il centro sinistra di essere stato allora ed essere ancora oggi, “contro” il movimento No Global e i suoi eredi, senza voler capire che il PD non è contro le ragioni, ma non può accettare e non accetterà mai le forme “antagoniste” che il movimento sceglie per manifestare e perseguire i suoi obiettivi.
“Al PD il movimento No Global non è mai piaciuto – dichiara Agnoletto nell’intervista -. La critica puntuale contro il neoliberismo è una contraddizione che fatica molto a risolvere anche oggigiorno, nonostante che alla crisi energetica e a quella ambientale si sia aggiunto lo tsunami della crisi finanziaria che ben presto è sfociata nella gravissima crisi economica che attualmente sta sconvolgendo tutto il mondo occidentale. Il tema dei beni comuni è diventato programma di governo in alcuni paesi dell’America latina, ma ha lavorato, lavorato molto fino a diventare un tema importante anche nel Vecchio Continente, anche in Italia. Credo che anche il movimento No Tav abbia qualcosa che fa pensare che il filo intessuto dal movimento No Global non si sia mai del tutto spezzato”. Ma è proprio così? E la ricomparsa della violenza in Val di Susa, definita oggi come allora dall’etichetta mediatica dei “black block? 
Agnoletto liquida l’argomento in modo troppo semplicistico: “In effetti questa ricomparsa mediatica dei black block, è un segnale preciso: si vuole far credere che la questione è semplicemente di ordine pubblico, che il problema è la violenza politica di ‘frange estremiste’. Insomma, ancora lo stesso schema: deviare il dibattito dalla sostanza della protesta alle forme della protesta è un espediente che serve nascondere la vera natura dell’Alta Velocità in Val di Susa, che serve a ostacolare il dibattito tra gli abitanti su temi importanti, squisitamente politici, che pongono sul tappeto domande precise: che uso del territorio, che tipo infrastrutture, per quale tipo di produzione di merci da trasportare, che rapporto con le risorse energetiche, che dialettica con l’ambiente, che tipo di benessere, quale qualità dei consumi?”.
Come si vede egli continua a ripetere sempre lo stesso schema,e ripete lo stesso errore che ha commesso a Genova 10 anni fa. Sui fatti della Val di Susa, per Agnoletto, la violenza sarebbe solo della Polizia e dei media che la usano per deviare il movimento e nascondere le sue ragioni. Le centinaia di violenti che hanno attaccato per quattro ore il cantiere con lanci continui di sassi e altri proiettili, che hanno fatto quasi 200 feriti accertati tra le forze dell’ordine, non sono per lui esistiti e non sono un problema per la democrazia. 
Per Agnoletto, insomma, il problema del “movimento” non è l’incapacità cronica di recuperare un rapporto politico con i partiti di opposizione per ottenere dei risultati a livello istituzionale. Egli sembra continuare a sognare un movimento anti liberista che “si fa Stato”, come in Venezuela o in Brasile, senza comprendere che l’Italia sta in Europa e non nel Terzo Mondo. La sua posizione a dieci anni di distanza dai giorni del G8 è ancora quella perdente di chi nega la politica e le sue mediazioni, i suoi compromessi, e affida tutte le speranze di cambiamento alla mitica purezza del “movimento reale” che oggi infatti è diventato “virtuale” e vive soprattutto su internet.  Agnoletto a Genova, guardando le centinaia di migliaia di persone lì convenute pacificamente per fare una manifestazione, vedeva non una parte minoritaria del popolo italiano animato da confuse idee di giustizia sociale, ma la “moltitudine”, cioè l’incarnazione post moderna del popolo descritta nei suoi libridal professor Antonio Negri, contrapposta all’Impero, l’entità globale che governa tutto e possiede tutto, decidendo la vita di tutti noi, contro la quale “ribellarsi e giusto”.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Non concordo con questo tuo articolo. La tua descrizione di un Agnoletto mezzo sognatore e mezzo estremista non calza con la realta'. Il problema e' che una mentalita' politicista fa fatica a capire un personaggio come Agnoletto e preferisce ridurlo ad una macchietta. Agnoletto e' un medico conosciuto in tutto il mondo per il suo lavoro sull'AIDS. Sulle questioni della globalizzazione scrive e lavora da anni, ma in Italia viene ridotto tutto ad un epigono dei black blok. Su Genova e la violenza ti consiglio di leggere il suo ultimo libro "L'eclisse della democrazia" appena pubblicato con Feltrinelli e con una bella intro di Camilleri. Li' puoi anche leggere un ragionamento serio sul movimento no global e non l'idea banale di "fare come in america latina" che il tuo articolo sembra accreditargli. La demonizzazione mediatica di Agnoletto e' purtroppo una classica opera all'italiana... Se vai all'estero lui viene conosciuto come ricercatore scientifico e intellettuale. Infine, dopo la crisi economica, non capisco come il cosiddetto centro-sinistra nostrano non riesca a iniziare a fare autocritica sulla sua visione neo-liberista e in questo persone come Agnoletto sarebbero decismanete utili. Grazie per l'attenzione e leggi il libro di Agnoletto!

carlo arcari ha detto...

Caro anonimo, perché non ti firmi? Di che hai paura? Inoltre perché non rispondi nel merito delle cose che ho detto: la violenza tollerata e imposta anche a chi non la voleva, gli errori di gestione delle giornate di Genova, la scomparsa del movimento No global, l'incapacità di relazionarsi con la politica?
Per quanto guarda Agnoletto, che non demonizzo affatto né riduco a macchietta, il fatto che sia un riconosciuto ricercatore ed intellettuale non cambia il mio giudizio sul suo errore di visione e di gestione di allora. Le cose che dice oggi dimostrano che non ha imparato niente da quella tragedia di cui a mio avviso porta una parte di responsabilità, e me ne dispiace per lui.

Gianni Rubagotti ha detto...

Sottoscrivo anche le virgole di quanto scritto e ringrazio Arcari per aver detto quello che a sinistra è un tabù vietatissimo, cioè che quello che è successo nel G8 non è solo colpa del centrodestra.

Io non sono stato a Genova ma ho visto i leoncavallini tagliare con i coltelli una tenda dove stavamo raccogliendo firme pacificamente, e ho visto su 6 Milano un mio amico che faceva esercitazioni militari con le famose tute bianche.

Portare questa gente a Genova e poi scaricare tutto il problema sulla polizia è "furbo" ma poco da leader serio.

Qual è il risultato di questa connivenza con la cosiddetta sinistra leoncavallina? Una cosa poco notata: a Milano durante le amministrative con sindaco del centrodestra in carica si autorizzava in campagna elettorale una bella manifestazione di questi signori che andavando a sfasciare negozi di gente che non c'entra nulla facevano di botto salire i voti del centrodestra. Gianni Rubagotti

Anonimo ha detto...

Mi metto anonimo perche' ho paura. Hai ragione' Se avessi letto il libro di Agnoletto capiresti di cosa ho paura. Lo stesso motivo per cui ad Agnoletto da anni arrivno minacce ed avvertimenti. Sulla violenza Agnoletto ha sempre parlato molto chiaro. E se 10 anni fa non ci fosse stato lui ma qualche politicate o ex sessantottino dopo i fatti di genova avremmo avuto scontri in tutta Italia. Invece nei giorni seguenti incredibilmente non ci fu nessun incidente. Guardate che questo fu clamoroso e solo perche' il leader era uno come agnoletto. A Gianni Rugabotti: basta! da tutte le parti parli di questa tenda tagliata che nulla c'entra con Agnoletto. Agnoletto non c'entra nulla con il leoncavallo. A Milano Agnoletto e' conosciuto per il suo lavoro con la LILA, l lega italiana lotta all'aids. Io lo conobbi negli anni Novanta quando andava in giro con il pulmino della lila di notte a portare speranza a drogati, prostituti e prostitute. Questo e' Agnoletto. Leggi il suo libro! Ciao e comunque grazie per lo spazio, apprezzo la tua correttezza (in altri siti censurano qualunque intervento a difesa di Agnoletto, l'idea e' fargli terra bruciata per cio' che ha scritto). Cordiali saluti, purtroppo anonimo

carlo arcari ha detto...

caro Anonimo, perché mai dovrei censurare proprio Vittorio Agnoletto di cui sono stato compagno in Democrazia Proletaria negli anni '70. Stimo il suo impegno di medico del lavoro, fondatore della Lila e ricercatore. Però non condivido la sue visioni né quella che è diventata la sua ideologia. Forse ci divide la formazione di base: lui è un cattolico praticante e io no. Lui parla di moltitudini e di popolo, io credo ancora all'esistenza del proletariato e della lotta di classe, perché anche se tutti usano telefonini e facebook, è rimasta intatta la contraddizione tra capitale e lavoro, tra sfruttati e sfruttatori, e il luogo della produzione resta la fabbrica anche se questa si è dispersa ed è diventata globale.