lunedì 20 giugno 2011

Il flop di Pontida

L’Italia di Pontida fa pena. Davvero. Dopo due settimane nelle quali tutti i padani hanno indicato il prato delle loro storiche adunate come il luogo sul quale si sarebbe deciso il futuro dell’Italia del Nord, le truppe leghiste se ne tornano a casa deluse e frustrate. Riportano nei loro bar sport delle valli bergamasche il trovarobato celtico a base di spadoni ed elmi cornuti, e lo ripongono in attesa di tempi migliori perché il loro capo ieri non ha detto niente di decisivo o di storico. Anzi, non ha proprio detto niente.
Bossi a Pontida, domenica, doveva staccare la spina al governo degli Scilipoti e delle Santanché ma non lo ha fatto. Ha deciso invece di galleggiare ancora per un po’ sull’acqua sporca (ma ricca) di quella fogna romana per tanti anni denunciata come una palude immonda da prosciugare. Ha presentato una lista che enumera una serie di richieste che non verranno mai realizzate, tanto per giustificare l’eventuale futuro distacco da Berlusconi. Ma non ha tagliato i ponti con l’impresario della destra televisiva e non ha fatto garrire al vento la bandiera che i suoi seguaci attendevano.
Al termine del suo comizio, sul prato di Pontida, mentre i militanti si sgolavano gridando "secessione", Bossi ha fatto distribuire un volantino con le 12 richieste che il Carroccio pone al governo come condizione per continuare ad appoggiarlo: dimezzamento del numero dei parlamentari e istituzione del senato federale in due settimane, da approvare in Parlamento entro 15 mesi; riduzione immediata delle missioni militari con riduzione dei contingenti impegnati all'estero; approvazione entro un  mese di questi sei punti: attribuzione di ulteriori forme di autonomia alle regioni, riduzione delle bollette energetiche, riforma del patto di stabilità interno per i Comuni e per le Province, taglio dei costi della politica (?) finanziamento del trasporto pubblico locale, abolizione delle ganasce fiscali e delle misure “vessatorie” di Equitalia. Entro 60 giorni venga approvata la definizione dei costi standard da applicarsi alle amministrazioni dello Stato. Entro l'estate il varo della legge di riforma fiscale con approvazione definitiva in Parlamento entro la fine dell'anno. Soluzione tombale del problema delle quote latte entro l'autunno del 2011, mentre entro il dicembre dovrà essere definito il codice delle autonomie.
C’è qualcuno che prende davvero sul serio questa lista della spesa di fruste parole d’ordine vecchie e rimasticate e mai realizzate dalla Lega in otto anni di governo? Berlusconi di certo no e infatti incassa la dilazione di Bossi e tira avanti, galleggiando anche lui su acque sempre più torbide. Dal prato di Pontida l’unica notizia che arriva è che non sarà la Lega a decidere il futuro dell’Italia. Tantomeno quello della Padania. 

3 commenti:

Unknown ha detto...

Bossi e Berlusconi sono ormai interdipendenti. Non possono l'uno fare a meno dell'altro. Una tristezza per il ns paese ostaggio di una simil deleteria accoppiata.
Ma fino a quando ???

favra ha detto...

caro arcari, la sua analisi mi sembra sostanzialmente corretta, ma appare un po' ingenua nelle conclusioni: dopo due anni di litigi e dopo aver devastato l'Italia con una serie di provvedimenti disastrosi, i sostenitori di Prodi fecero cadere il governo, nel momento più basso della sua popolarità, con il risultato che una buona fetta di quel mondo politico si è praticamente estinto e i "sopravissuti", portatori di una così triste e luttuosa eredità, furono travolti dal centrodestra alle successive elezioni. ora, che Bossi e i suoi considerino l'esperienza berlusconiana al capolinea e che reputino la alleanza con il Pdl ormai dannosa è assai probabile; ma se una dote più delle altre va riconosciuta al "senatùr" è il realismo politico: Bossi sa perfettamente che staccare la spina adesso al governo sarebbe un suicidio anche per la Lega. l'"agenda" dettata sul prato di Pontida va letta in questa ottica: prendere il tempo necessario ad elaborare una nuova strategia politica, cercando nel contempo di riguadagnare parte della fiducia che la sconsiderata condotta di parte della maggioranza e del premier, è costata a tutta l'alleanza.
concordo con lei che questi calcoli con il bene dei cittadini centrino poco, ma tant'è.

un cordiale saluto
andrea favrin

carlo arcari ha detto...

caro Favrin, non capisco quali conclusioni ingenue avrei mai fatto. Forse mi attribuisce intenzioni che non ho espresso. Io ho scritto che Bossi non staccherà la spina a Berlusconi perché non ha una linea politica di riserva e su questo conviene anche lei. Ritengo però che non saranno le sue richieste quelle che rilanceranno un governo ormai morto. La dilazione che Bossi ha accordato al PdL è l'equivalente di un "governo balneare". Dopo di che cosa rimane agli italiani se non il centrosinistra di Bersani che non è l'Ulivo di Prodi?