Gianfranco Massetti ci ha inviato questa recensione del bel libro di Marco Revelli sulla condizione sociale nell'Italia di Berlusconi. Un'Italia in cui i poveri aumentano, mentre i ricchi diventano sempre più ricchi e spiega le ragioni politiche che stanno dietro a questo fenomeno. Un libro importante per capire anche le divisioni del nostro corpo sociale, favorite da una cultura prevalentemente televisiva (di cui è padrone incontrastato il capo del Governo) che da oltre 20 anni propaganda solo modelli di vita e di consumo individuale insostenibili. In queste condizioni non stupisce il fossato sempre più profondo che divide le due Italie: quella che pur impoverendosi cerca di resistere alla deriva individualista ed egoista e quella che cavalca invece cinicamente l'ignoranza, il rancore e la paura per accumulare sempre più denaro.
Vi segnalo questo libro dal titolo rivelatore di una realtà nascosta e manipolata. Poveri,noi. Si, noi siamo i poveri, non altri.Proprio noi italiani. Chi lo dice è Marco Revelli presidente di quella prestigiosa Commissione di indagine sulla Povertà, rinata nel 1984 e presieduta tra gli altri da Ermanno Gorrieri e Pierre Carniti.
Alla faccia di tutte le ideologie dell’ottimismo,l’Italia non sta crescendo ma sta declinando. Le cifre parlano chiaro. Tra il 1998 e il 2009 l’Italia è il paese che ha perduto di più nel reddito pro capite, tra i paesi europei, è cresciuto meno in produttività ed è peggiorato negli indici di povertà. Non stiamo parlando delle povertà estreme ma di famiglie che lavorano,con un solo reddito, con più figli o di single. Nello stesso periodo c’è stato un impressionante trasferimento di denaro, circa 120 miliardi di euro, dai lavoratori alle rendite.
Dove sono finite quelle risorse? Nessuna nel creare lavoro, nelle macchine o nella ricerca. Sono finite nelle proprietà di singoli e nel sistema finanziario. Non si è prodotto nulla per la ricchezza collettiva del paese. Per questo è stato un progredire declinando. Oltre a questa classe operaia povera c’è ormai uno strato di 19 milioni di persone a rischio impoverimento: un ceto medio vulnerabile e indebitato. Infine una “classe di funamboli”, per lo più giovani,delle finte partite iva: in realtà lavoratori dipendenti precari e senza diritti. Se a tutto questo aggiungiamo un arretramento nelle politiche sociali, in quelle pensionistiche e in quelle famigliari comprendiamo quanto siamo fragili come paese.La nostra presunta modernizzazione è un piano inclinato verso la fragilità e l’arretratezza. E nello spazio tra presunto benessere e fatica quotidiana del vivere crescono le invidie sociali,i rancori e le intolleranze. Insomma c’è un grande problema di ingiustizia sociale in Italia e sembra che nessuno, né partiti né sindacati, se ne renda pienamente conto. Ma qualcuno dovrà occuparsene?
Infine una nota triste che dice molto di noi, milanesi e padernesi. A pagina 9 c’è un cenno della storia di Don Renato Rebuzzini, allora parroco a Opera, oggi al Villaggio Ambrosiano.Come è stato trattato e come ha agito con coraggio in difesa dei rom. Noi non lo conosciamo ma vogliamo dirgli grazie per la sua dura testimonianza di civiltà.
Gianfranco Massetti
1 commento:
Mi unisco a Massetti nel ringraziare don Renato Rebuzzini. Il 1° settembre 2007 è arrivato al Villaggio Ambrosiano in silenzio e sta portando avanti il suo servizio con grande profondità e tanta discrezione. A Paderno sono ancora pochi quelli che hanno messo a fuoco il valore dell'uomo e del prete. Per restare nell'ambito delle citazioni: don Renato è nominato anche a pag. 38 di un bel libro di Candido Cannavò (storico direttore della Gazzetta dello Sport, recentemente scomparso): "Pretacci. Storie di uomini che portano il Vangelo sul marciapiede" (prefazione di Gian Antonio Stella), Rizzoli 2008.
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