La Libia del colonnello Gheddafi, è in fiamme, come tutto il Nord Africa. La rivolta contro un potere dispotico che dura da più di 40 anni finisce nel sangue: si contano morti a decine, anzi a centinaia. Ciò nonostante, se questa come le altre rivolte dei popoli della ex Quarta Sponda finisse con la fuga dei dittatori e degli autarchi e con la libertà di quei paesi da altre forme di dispotismo religioso, sarebbe davvero un grande e positivo risultato per tutti. Il sangue sparso non sarebbe stato inutile e la democrazia finalmente conoscerebbe una nuova versione mediterranea e islamica.
Che ruolo può e deve giocare l’Occidente in questa fase? La risposta non è semplice, ma non può prescindere da un fatto: a provocare l’esplosione di quei regimi a stata la loro apertura alla globalizzazione e al mercato. In questo senso noi non siamo estranei agli avvenimenti recenti del Nord Africa, come non lo siamo stati a suo tempo nel crollo del muro di Berlino. A far esplodere i regimi egiziano, tunisino e libico è stata infatti la crisi economica, la stessa che subiamo noi, ma che si è rovesciata su una realtà nella quale il welfare non esiste. Pochi riflettono sul fatto che in Egitto la produzione di petrolio e gas è rimasta identica a 30 anni fa, mentre in questo arco di tempo la popolazione è raddoppiata.
L’Europa è dunque parte in causa, dal momento che è il maggiore cliente del gas e del petrolio forniti da questi Paesi nei quali sta progressivamente delocalizzando parte della sua produzione in alternativa all’Asia. Pertanto la Ue non può stare a guardare, come invece sostiene il governo Berlusconi. Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha affermato infatti a Bruxelles che, a suo avviso, l'Unione Europea “non deve interferire” nei processi di transizione in corso nel mondo arabo cercando di esportare il proprio modello di democrazia; in particolare per la Libia, il ministro ha auspicato che si avvii un “riconciliazione pacifica”, arrivando a una Costituzione, come propone il figlio Gheddafi “L'Europa non deve esportare la democrazia. Noi vogliamo sostenere il processo democratico, ma non dobbiamo dire: questo è il nostro modello europeo, prendetelo. Non sarebbe rispettoso dell'indipendenza del popolo, della sua ownership” dice Frattini.
Una posizione rispettabile, ma incoerente con quanto affermato e fatto finora dal nostro governo in altri paesi islamici. Che cavolo siamo andati a fare, verrebbe da chiedere al ministro, in Iraq e in Afghanistan? E cosa continuiamo a fare lì; perché a Kabul si cerca di imporre con le armi la democrazia e a Tripoli non si deve fare?
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