venerdì 3 settembre 2010

La politica industriale della destra? "Niente politica"

Il centro sinistra accusa la destra al governo di non avere una politica industriale e di lasciar andare il Paese alla deriva. Ma la destra contesta questa lettura della realtà e dice invece di averla una politica per lo sviluppo. La linea del governo consisterebbe nel non interferire con le parti sociali nei rapporti di lavoro, nella (promessa) riduzione delle imposte sulle imprese, nella (promessa) diminuzione delle spese pubbliche correnti e nell’aumento di quelle per le infrastrutture. Questa dichiarata “non politica industriale” fondata solo sull’ideologia del mercato e sulle promesse da marinaio, è una ricetta primordiale grazie alla quale, per ora, le imprese falliscono, i disoccupati aumentano, i redditi da lavoro crollano come i consumi e tutti sono più poveri, meno i pochi “liberi” di farsi gli affari loro senza vincoli di sorta. Se questa è l’idea di sviluppo della destra di governo cosa dobbiamo attenderci dalla giunta padernese il cui leader ha promesso in un “intervento” concessogli gentilmente dalla redazione de Il Giorno, divenuto ormai l'house organ della sua amministrazione, di voler mettere in campo un’iniziativa per rilanciare l’occupazione e la produzione industriale a partire da settembre?

Di quale iniziativa si parla? In concreto di nessuna perché, come egli afferma nell’articolo: “Il pubblico non fa impresa, ma deve creare le condizioni per fare impresa”. Condizioni che finora, però, si sono limitate alle chiacchiere mediatiche. Un po’ poco, ma come abbiamo visto la linea viene dall’alto ed è il risultato di un’ideologia che in concreto non produce né impresa né occupazione, tantomeno ricchezza. Le “condizioni” di cui ciancia il sindaco in realtà ci sarebbero e sono trovare un terreno da mettere a disposizione, ad affitto agevolato magari, ai possibili compratori della attività dismesse di Metalli Preziosi e di Lares. Fare un’operazione del genere, cioè investire in un immobile a questo scopo, non vuol dire per il Comune sostituirsi all’impresa, ma favorire il suo insediamento sul territorio. Alparone non sembra interessato a questa soluzione. Lui se la cava con i comunicati stampa in cui cerca di far passare la cessione alle banche dei debiti del Comune verso i fornitori per riuscire pagarli come: "una risposta concreta da parte dell’Amministrazione comunale nei confronti delle attività produttive della nostra città che va letta anche come contributo al welfare comunale verso le famiglie dei lavoratori”. Pagare le fatture arretrate ai fornitori per la destra è diventata una politica di sviluppo e di sostegno sociale ai dipendenti...

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Forse l'Italia non ha mai avuto una politica industriale degna di una grande potenza,nemmeno nelle stagioni del miracolo economico.

Oggi la globalizzazione mostra sempre di più i limiti di un sistema che troppo spesso ha puntato tutto sulla piccola impresa, sulle svalutazioni della lira e sulla doppiezza geo-economica
(fabbriche del nord che chiamano la manodopera al sud etc etc...).

Gli indicatori di riferimento per comprendere bene questo fenomeno sono la produzione industriale,l'export ma anche il pil su base decennale/ventennale.

Non tutte le colpe,quindi, possono essere imputate a Berlusconi,ma la storia dirà che il Cavaliere avrà portato perlomeno sfiga.

Baraviera Aris

Anonimo ha detto...

Non ricordo se ho firmato...

Baraviera Aris