lunedì 17 maggio 2010

Morte in missione e luoghi comuni giornalistici

L'uccisione in un attentato di due militari italiani in Afganistan e il ferimento di due loro compagni ha scatenato la prevedibile serie di dichiarazioni che come sempre in questi casi vanno dai dubbi della Lega (Calderoli: "che stiamo a fare lì?") alla convinzione ribadita della "fondamentale importanza della nostra missione (Berlusconi) al cordoglio dell'opposizione con la richiesta del PD e dell'IdV di affrontare in Parlamento "una discussione seria e approfondita sul nostro impegno". La cosa che mi ha disturbato di più ascoltando le convenzionali e prevedibili reazioni dei poltici al tragico evento, è stato però lo stile, l'approccio con il quale i Tg hanno invariabilmente aperto il servizio sull'identità dei nostri caduti. "Aveva bisogno di lavorare ma non si è arrulato per questo" è stato l'incipit di uno dei servizi che mi ha fatto fremere d'indignazione. Mi chiedo quando la smetteremo noi giornalisti di comportarci in modo così poco dignitoso e quando la smetterà la nostra Tv di Stato di presentare i nostri soldati come dei poveracci costretti dalla disoccupazione a richiare la vita andando in guerra? Come se ogni giorno milioni di loro connazionali non facessero lo stesso nei cantieri, sulle strade, nelle fabbriche, sui mille luoghi di lavoro a rischio che gli italiani, del Nord, del Centro e del Sud, sono costretti a frequentare quotidianamente per guadagnarsi da vivere. Basta, dunque, con questa retorica del soldatino meridionale che per sfuggire alla padella della disoccupazione cade nella brace delle missioni militari. E' un'immagine falsa e degradante, per il militare caduto in primo luogo, per l'esercito e per il Paese, veicolata da un giornalismo provinciale, ignorante e piccolo borghese che ripropone da anni questi stereotipi. Io credo che il nostro giornalismo sia così squallido e di basso livello perchè è, storicamente, ma ancora oggi, determinato dalle esigenze politiche degli editori (la RAI e Mediaset più di tutti gli altri). Ne discuterò con i miei allievi del corso di giornalismo che domani tiene la sua terza lezione durante la quale parleremo proprio della notizia e del suo valore.

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