mercoledì 12 maggio 2010

Il PD in bilico tra socialdemocrazia e partito americano

Il mio post sul ritorno della socialdemocrazia ha provocato questa risposta inviata da Aris Baraviera che pubblico molto volentieri. Spero che altri partecipino al dibattito.

Credo che i problemi del PD vadano al di là della scelta sulla vocazione maggioritaria e delle possibili alleanze con Casini, Fini o Montezemolo. Come ex diessino io avevo sperato che il Partito Democratico potesse offire un nuova proposta europeista e riformista nello scenario politico nazionale e che potesse coniugare veramente il mondo laico con quello cattolico, i liberal democratici con i socialdemocratici, la sinistra con il centro. Già nel 1994 Veltroni sognava un partito all'americana con vocazione maggioritaria, ma la linea che poi aveva prevalso era stata quella di D'Alema, che puntava al centro, ma che dialogava anche con la sinistra radicale e massimalista ed auspicava una nuova versione del socialismo, un po' sulla falsariga politica di quella sinistra craxiana che era diventata via via troppo affarista e autoritarista prima di autodistruggersi con tangentopoli.
Le strategie degli anni 90 vedevano D'alema-che aveva ereditato il PDS dal traghettatore Occhetto- sempre più impegnato nel voler sanare quel ritardo cronico del PCI rispetto alle sinistre socialdemocratiche europeee. Le grandi aperture democratiche del baffetto, infatti, non sembravano rispecchiare una vera e propria identità del partito, ma tendevano a rimuovere quel "peccato originale" da quello che era stato il doppio legame-ideologico e di finanziamento- con l'URSS (legame totale fino alla Primavera di Praga del 68) e della suggestiva ricerca del comunismo europeo voluta fortemente da Berliguer e poi perseguita da altri con ostinazione fino alla fine, cioè fino al definitivo crollo del muro di Berlino.

Già nella seconda metà degli anni novanta si era capito che l'allenza dei maggiori partiti della sinistra (Popolari+ PDS e poi DS) sotto la bandiera dell'Ulivo riusciva a raccogliere più voti di quanto non riuscissero invece a prendere i singoli partiti nelle liste proporzionali e già emergeva che il problema vero era rappresentato dall'eterogeneità programmatica dei partiti che avevano appoggiato il primo governo Prodi, poi caduto infatti sullo sgambetto parlamentare di Rifondazione Comunista.
Nonostante il fatto che il problema dell'eterogeneità apparisse già subito piuttosto palese e fosse la chiave di tutto, alle politiche del 2006 si scelse ancora la grande coalizione per fermare il governo Berlusconi (richiamando Prodi che nel frattempo aveva finito il mandato con la Commissione Europea)che nel suo primo pieno quinquennio aveva già "sfornato" parecchie leggi ad personam e che sembrava intenzionato a restaurare quel sistema clientelare pre-tangentopoli.
Come tutti sappiamo, la coalizione -che partiva da Mastella/Dini e che arrivava fino a Diliberto/Bertinotti e che si reggeva su una maggioranza risicata risicata ( che stavolta venne sfiduciata dalla dalla parte più centrista della coalizione)- non riuscì a dare quelle risposte necessarie al paese e finì addirittura per apparire come una casta autoreferenziale creando quella disaffezione politica nell'elettorato di sinistra, che Veltroni non riuscì a recuperare con quel "colpo di reni" che diede vita alla nascita del PD a vocazione maggioritaria, quella stessa crisi stistemica che ancora oggi ci trasciniamo dietro come un macigno.
Ma come si fa a voler tornare ad un passato che è ancora così maledettamente attuale? In questo momento io ritengo che quelli che non credono più nel Partito Democratico, inteso come nuovo progetto, e che invece auspicano un ritorno alla politica più circoscritta del partito (e un ritorno alle grandi coalizioni), una riedizione insomma del partito dei DS, debbano essere estremamamente chiari per evitare possibili fraintendimenti sull'identità stessa del partito attuale e di tutto l'intero centrosinistra.
Io credo,inoltre, che oggi come oggi non si possano rifare coalizioni o alleanze se non sul piano strettamente programmatico e quindi ritengo che una eventuale discesa in campo di Montezemolo attorno a Fini, Rutelli e Casini non debba costituire in alcun modo un riferimento politico per il Partito Democratico, almeno sotto il profilo delle alleanze.
Io penso che si debba dialogare in primis con il partito di Di Pietro, con il movimento di Grillo e con il Movimento dei Viola perché essere di sinistra oggi non significa più rivendicare la lotta di classe sventolando la bandiera rossa con la falce e martello ( o cercando improbabili accordi elettorali con l' UDC), ma significa amare il rispetto delle regole, l'etica, il rispetto dell'ambiente, dell'unità nazionale…Essere di sinistra oggi significa avere come obiettivo la giustizia sociale intesa come meritocrazia, significa avere a cuore il lavoro come elemento fondativo e fondamentale della nostra costituzione,significa avere il coraggio di portare avanti un progetto di equità fiscale sul lavoro e sulle rendite cercando con tutte le risorse possibile di evitare quello scontro generazionale già in atto sul lavoro, sulle pensioni e sul futuro stesso dell'Italia.
Aris Baraviera

6 commenti:

carlo arcari ha detto...

Caro Aris, ti ringrazio dell'intervento ma vorrei farti notare due o tre cose. "Il rispetto delle regole, l'etica, il rispetto dell'ambiente, dell'unità nazionale" non sono un nuovo programma politico, ma norme scritte da 60 anni nella nostra Costituzione. Essere di sinistra oggi, tu dici, significa "avere come obiettivo la giustizia sociale intesa come meritocrazia, significa avere a cuore il lavoro come elemento fondativo e fondamentale della nostra costituzione,significa avere il coraggio di portare avanti un progetto di equità fiscale sul lavoro e sulle rendite". Anche questo non mi sembra proprio una cosa nuova o esclusiva della sinistra. Faceva parte dei programmi di tutti i partiti del vecchio centro sinistra già nella stagione riformista degli anni 60 (politica dei redditi, statuto dei lavoratori, riforma della sanità e della scuola). Chi nega oggi questi obiettivi? Nemmeno Berlusconi mi pare. Il problema temo sia un po' più complesso. La falce e il martello non rappresentano più niente, è vero, ma anche sostituendoli nella nostra bandiera non più rossa, ma viola, gialla o rosa, con i simboli dell'iPhone e del mouse, la sostanza non cambia. La lotta di classe in Italia e nel mondo non è scomparsa perché la contraddizione principale tra capitale finanziario e lavoro precario permane e anzi diventa ogni giorno sempre più esplosiva. E' questo il punto cruciale che il PD non riesce ad affrontare.

Anonimo ha detto...

Ciao Carlo,

Secondo me la lotta di classe esiste ancora ma non è più stereotipata come una volta e quindi le risposte politiche non possono essere sempre le stesse.
In fondo la politica è pur sempre una scienza in continua evoluzione e, anche se è pur vero che determinati temi sono ciclici e si ripetono nel tempo, le risposte politiche cambiano al mutare della società. Di Pietro che parla di giustizia attualizza forse la questione morale di Berlinguer. La green economy di Grillo attualizza la visione ecologista della sinistra rossoverde post Chernobyl. Bersani che parla di alternativa dice quello che ripetevano sempre i leaders comunisti ai tempi della prima repubblica e della DC….

Forse la sinistra italiana ha solo bisogno di guardarsi intorno e di ritrovare un po' di fiducia e coraggio: c'è uno spazio politico enorme che si sta aprendo perché la crisi finanziaria mondiale è figlia della deregulation e del neoliberismo nati con la fine del contrappeso comunista al capitalismo occidentale.

Io non credo che la destra italiana voglia spostare la tassazione dal lavoro alle rendite, che possa/voglia veramente elminare l'evasione fiscale, rinunciare al nucleare, eliminare i privilegi della casta, dare le pari opportunità al mondo della scuola del lavoro e della sanità e non credo che possa puntare veramente sulla ricerca e sull'innovazione ,perché è una destra populista che ha sempre bisogno di risultati immediati.

E qui che noi dobbiamo martellare: forza, basta un piccolo sforzo! :-)

Grazie
Aris Baraviera

Anonimo ha detto...

Anzichè continuare a guardare al passato, o a future alleanze bisognerebbe iniziare a fare PROPOSTE serie e continue...alla gente non importa nulla di quello che voleva Veltroni oppure di Bersani che è legato a vecchi schemi del passato...proprio questa continua analisi ha portato al risultato che è sotto gli occhi di tutti ...
Giovanna B.

carlo arcari ha detto...

Caro Aris, non credo di proporre stereotipi se dico che è tempo per la sinistra di tornare a fare il suo mestiere: individuaree il soggetto generale che oggi è il lavoratore sociale (operaio, impiegato, professionista, artigiano piccolo imprenditore) che si riconosce non dal reddito o dal ruolo sociale, ma dalla sua unificante condizione precaria, e ricominciare e a rappresentarlo. Combattere contro i suoi nemici di classe che gli tolgono dignità, diritti di cittadinanza, qualità della vita, gli impongono cultura e livelli di consumi, lo condannano a una totale subalternità, governandone interamente l'esistenza, dando o tiogliendo lavoro, reddito, futuro. Questa è lotta di classe, questo dobbiamo fare se vogliamo tornare ad avere un senso come partito che si propone di conquistare la maggioranza nel Paese. Perché la maggioranza degli italiani è avviata a subire questa stessa condizione. La precarizzazione e dunque la proletarizzazione del ceto medio, è un dato acquisito, e noi con la maggioranza degli italiani poveri e sempre più sfruttati, dobbiamo combattere per costruire una società migliore e più giusta.

Anonimo ha detto...

Probabilmente Giovanna ha ragione quando dice che la gente vuole proposte concrete...
Io pero' non credo che un partito come il PD possa permettersi di ignorare le differenze che lo caratterizzano dall'interno sotto il profilo della storia, ed è da queste che bisogna ripartire per cercare la condivisione di valori che poi possono tracciare un percorso programmatico condiviso.

In fondo le idee non sono mai mancate dalle nostre parti...
ma è con l'identità e con la credibilità che prima o poi bisogna fare i conti.
Fortunatamente non solo a sinistra.


Aris Baraviera

Anonimo ha detto...

Carlo, effettivamente la piaga del precariato e' destinata a crescere ancora viste le prospettive economiche dei prossimi anni e visto l'ormai scontato aumento progressivo della disoccupazione.
Sicuramente è su temi come questo che la sinistra deve ritrovare l'unità. D'accordissimo con te.

Aris Baraviera