Mentre da cinque giorni piovono missili
su Gaza e su diverse città israeliane facendo decine di morti
(soprattutto arabi) e decine di migliaia di soldati dell'esercito di
Gerusalemme si preparano a invadere ancora una volta il territorio
palestinese, David Grossman, israeliano, e Boualem Sansal, arabo,
lanciano un appello per una "Unione mondiale degli scrittori per
la pace" in Medio Oriente, innanzitutto tra israeliani e
palestinesi.
I due scrittori hanno presentato la loro iniziativa a
Strasburgo in occasione del primo "Forum mondiale per la
democrazia" organizzato dal Consiglio d'Europa. Ma pochi giorni
dopo averlo fatto la risposta è stata la ripresa della guerra in
Palestina.
A spingerli ad agire la consapevolezza che il processo di pace arabo-israeliano è
fermo e non sembrano esserci speranze di rimetterlo in moto. Obama non ha mantenuto le sue promesse e l'Europa è
inesistente sullo scenario, il premier di Gerusalemme Benjamin
Netanyahu e il presidente dell'Autorità nazionale palestinese
Mahamud Abbas si ignorano. Il primo denuncia la (reale) minaccia
nucleare iraniana, il secondo nega la ripresa dei negoziati senza lo
stop agli insediamenti israeliani.
Nel frattempo donne e bambini muoiono mentre Cisgiordania e Gaza sprofondano nella miseria (il PIl pro capite è di circa 600 dollari). Israele invece continua nella sua eccezionale crescita economica (PIL a +4,6% nel 2011, pari a oltre 28mila dollari pro capite) e questa diseguaglianza accresce, il rancore e l'odio da un lato, la paura di perdere il benessere raggiunto dall'altro.
"Israele è ricco, ma la sua stessa ragione d'essere è stata tradita – sostiene Grossman -. Abbiamo fondato lo Stato giurando che non ci saremmo mai più trovati nella condizione di vittime, ma vittime lo siamo di nuovo della guerra perenne alla quale abbiamo finito per abituarci. Consideriamo normale una realtà che non lo è, i nostri vicini ci trattano da nemici e ci siamo adattati. La guerra ci ha reso tutti malati. Parlare di pace in Israele ormai significa essere presi per stupidi sognatori e sinistroidi come capita a me".
Nel frattempo donne e bambini muoiono mentre Cisgiordania e Gaza sprofondano nella miseria (il PIl pro capite è di circa 600 dollari). Israele invece continua nella sua eccezionale crescita economica (PIL a +4,6% nel 2011, pari a oltre 28mila dollari pro capite) e questa diseguaglianza accresce, il rancore e l'odio da un lato, la paura di perdere il benessere raggiunto dall'altro.
"Israele è ricco, ma la sua stessa ragione d'essere è stata tradita – sostiene Grossman -. Abbiamo fondato lo Stato giurando che non ci saremmo mai più trovati nella condizione di vittime, ma vittime lo siamo di nuovo della guerra perenne alla quale abbiamo finito per abituarci. Consideriamo normale una realtà che non lo è, i nostri vicini ci trattano da nemici e ci siamo adattati. La guerra ci ha reso tutti malati. Parlare di pace in Israele ormai significa essere presi per stupidi sognatori e sinistroidi come capita a me".
I due scrittori sperano di cambiare la
mentalità delle persone. L'antisemitismo e la negazione della Shoah
sono diffusi più di cinquant'anni fa. "L'integralismo islamico
avanza nei Paesi toccati dalle primavere arabe ma anche in Algeria,
dove il regime dittatoriale ha imparato a servirsene – dice Sansal
- Da ragazzo a scuola avevamo un'ora di religione alla settimana,
adesso sono diventate sei ore di propaganda. Nelle moschee Hitler è
ancora considerato o un'invenzione dei sionisti, o qualcuno che non è
riuscito a finire il proprio lavoro".
La guerra, combattuta con le armi o con
le parole, ha già chiesto Grossman e Sansal un prezzo molto pesante.
Il primo ha perso il figlio Uri pochi giorni prima che finisse il
conflitto del Libano; il secondo, in Algeria, viene trattato da
traditore. Essi sperano in un futuro in cui lo Stato palestinese
possa convivere accanto allo Stato ebraico, ma l'opzione "due
popoli, due stati" caldeggiata da tutti coloro che sognano un
futuro diverso per Israele e la Palestina viene pervicacemente
rifiutata proprio dai due popoli che dovrebbero metterla in pratica i
quali sembrano preferire il suicidio alla pace.
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