COME
STANNO VERAMENTE LE COSE
di Alessandro Amato
«Non
si tratta di mostrare le cose vere, ma di mostrare come sono
veramente le cose» - Roberto Rossellini
È
chiaro che il regista romano si riferiva al cinema. Tuttavia, può
essere evidentemente utile applicare quella definizione alla
fotografia in quanto madre/sorella della Settima Arte. In tale
prospettiva, la mostra “Italiani in bianco e nero. 1974-1984” di
Carlo Arcari presso il foyer di Area Metropolis 2.0 si rivela un
appuntamento immancabile, un’esperienza necessaria e affascinante.
Abbiamo
infatti ammirato una selezione di scatti che testimoniano di un
decennio sospeso nel passato recente, di un’epoca di passaggio
ancora troppo fumante per essere genuinamente (se ciò è davvero
possibile) descritta sui manuali di Storia. Eppure le foto ci parlano
guardandoci negli occhi. E tendono a illuminare il ricordo di molti
di noi – la memoria non è solo di coloro che erano presenti, ma
appartiene a tutti proprio grazie all’immagine intesa come
documento – di una luce nuova e sorprendente. La stessa luce che
scava i volti degli emigrati a Zurigo nei primi anni Settanta. I loro
vestiti, i loro spazi, le loro vite così sconosciute e al tempo
stesso così evidenti.
Poco
oltre troviamo le più svariate forme della contestazione, in una
realtà nella quale ancora aveva una sua dignità e una sua forza:
dalla casa di riposo occupata alla Resistenza, agli Innocenti in
corteo. Quella bambina in primo piano. Quello sguardo torvo.
Inquieto. Siete tutti colpevoli, sembra volerci dire. Non ha tutti i
torti. Cosa ne è stato oggi di lei? Forse non vogliamo saperlo
davvero.
Successivamente
ci imbattiamo nel sorriso di un artigiano presso la sua torneria,
nell’attento lavoro di un operaio, nel nostro autoritratto ovvero
in un automa. A che cosa serviva? Esposizione? E noi?
Ecco
allora che col nuovo decennio il consumatore diventa anche il
prodotto. Si espone e si mercifica sulle spiagge del futuro. Gli anni
Ottanta, si sa, sono quelli dell’apparenza più sfrenata. Della
sovrabbondanza kitsch. Della banalità scintillante. E del colore
(non a caso le foto sono tutte in bianco e nero). Si vuole andare
tutti in televisione, e se qualcuno ci fotografa in studio mentre le
cineprese sono spente allora abbiamo fatto tredici. È praticamente
Natale.
Ma
come ben sapeva il profeta Pasolini, seguire la stella cometa verso
il paradiso deve servire soltanto a guardare il mondo da una diversa
distanza. Per non perdere quel poco di umano (in senso primordiale e
non cristiano) che ancora ci è rimasto. Il desiderio di fare, di
scoprire, di condividere, di analizzare, di combattere. Quel
desiderio che Carlo Arcari non ha mai perso e che continua a
dimostrare ai suoi concittadini e amici. Io lo ringrazio.
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