martedì 1 luglio 2014

Una panchina per i cari estinti padernesi

Il cimitero di Paderno è un luogo scomodo e scostante. Me ne sono accorto ieri per la prima volta forse perché non ci vado spesso e quando ci vado ci passo poco tempo dal momento che non ho familiari stretti sepolti lì, ma solo suoceri e altri parenti di mia moglie che comunque ho conosciuto e frequentato con piacere durante la loro vita.
Pertanto non avendo mai sentito il bisogno di passare più tempo nel cimitero a riflettere o a pensare ai defunti, solo ieri mi sono reso conto del suo essere un luogo triste che invita i visitatori a fare le cose in fretta (cambiare i fiori, pulire le lapidi, ecc) e andarsene.
Ieri ad esempio sono passato a trovare mia suocera, Pia Giussani, nel nono anniversario della sua scomparsa, e mentre mia moglie e mia figlia stavano rassettando la tomba di famiglia che ospita tre generazioni di cari estinti (Clerici, Giussani, Renoldi) io che di questi tempi spesso penso al futuro oltre la vita ho sentito forte il bisogno di sedermi e riflettere, ricordare una per una queste persone che nel cimitero riposano anche in altre tombe (Barberi, Scaltrini, Cazzaniga), momenti della nostra vita in comune soprattutto per quanto riguarda mia suocera con la quale ho voluto coabitare quando è rimasta invalida e sola e alla quale devo la soddisfazione di avere condiviso una vecchia casa familiare e di aver fatto vivere le mie figlie con la loro nonna. Non capita a tutti la fortuna di riunire tre generazioni a pranzo e cena tutti i giorni.
Ma non è stato possibile sedermi a pensare. Non c'è, infatti, neanche una panchina in tutto il cimitero. I defunti possono stare sdraiati, ma i vivi devono stare in piedi e così se ne vanno dal cimitero che come una chiesa è un luogo sacro, più presto di quanto vorrebbero.

Chiedo pertanto agli amministratori di fare uno sforzo e decidersi a mettere qualche panchina nei viali del nostro Camposanto (come a Dugnano) dove riposano tanti padernesi, illustri e non (sopra la  tomba di Emilio  De Marchi), che meritano qualche minuto in più di ricordo e di muto dialogo con noi vivi.

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