lunedì 25 novembre 2013

Giustizia: quanto pesa quella toga?

"L'onere della toga", il libro di Lionello Mancini che il Circolo Culturale Restare Umani presenterà domani sera all'Auditorium Tilane è un libro importante, di quelli che è bene leggere se si vuol capire come è difficile vivere e lavorare in quel paese "anormale" che è oggi l'Italia.
A presentarlo ai padernesi sarò io, perché Lionello è un amico (è il mio testimone di nozze), ed è un collega giornalista con il quale ho condiviso un tratto del mio percorso professionale nella redazione de Il Sole 24 Ore dal 1987 al 1991. Siamo ovviamente diversi, personalmente e professionalmente, ma molte cose ci uniscono a cominciare dalla comune origine marchigiana (lui è di Fano, mia nonna paterna era di Piobbico) e dalla giovanile militanza giornalistica nei quotidiani della nuova sinistra degli anni 70. Lui ha iniziato a scrivere per Lotta Continua io per il Quotidiano dei Lavoratori, lui occupandosi di cronaca giudiziaria seguendo i processi e le inchieste sul terrorismo, io della ristrutturazione tecnologica, produttiva e sociale che stava trasformando l'Italia in una grande "fabbrica diffusa". Forse non è casuale se ci siamo ritrovati sul finire degli anni 80 a lavorare insieme per il principale quotidiano economico nazionale, lui a scrivere di mafia e magistratura, io di inquinamento, distretti industriali e informatizzazione delle imprese.
Sarò molto felice di rivederlo domani per discutere del suo libro che ci aiuta a capire, raccontando le vite di cinque "toghe", cinque anonimi magistrati che lavorano lontani dai riflettori dei media, chi sono e come vivono la loro funzione le persone che stanno dietro a quella sigla "PM" che tutti abbiamo imparato a conoscere da "Mani Pulite" ad oggi.  
Perché è da allora che il Pubblico Ministero, il magistrato inquirente che conduce l'azione penale è stato spinto dal clamore delle inchieste giudiziarie sull'intreccio tra criminalità corruzione e politica, al centro della vita nazionale. Mancini cerca di raccontarci quanto pesa oggi per un PM la toga. Quanto pesa a un magistrato donna dover sottoporre a fortissime pressioni psicologiche un'altra donna nel tentativo disperato di ottenere qualche informazione utile a ritrovare e salvare il suo bambino rapito? Quanto pesa per un persona normale doversi occupare ogni giorno, rimanendo "terzo", degli autori di violenze e abusi sui minori e delle innocenti vittime di orchi e sfruttatori? Quanto pesa per una giovane PM scoprire che la buona società di cui si sentiva parte era corrotta anche ad alto livello e complice per il proprio utile della criminalità mafiosa di cui aveva assorbito cultura e comportamenti?  Quanto pesa per un oscuro magistrato della sonnolenta provincia romagnola, scendere in lotta da solo contro uno stato sovrano, San Marino, che grazie alla benevola disattenzione di molti organi di controllo dello Stato, di grandi banche e istituti finanziari era diventato un comodo paradiso fiscale made in Italy? Quanto pesa infine ad un bravo magistrato animato dal desiderio di innovare e rendere efficiente l'organizzazione della macchina giudiziaria, vedersi prima elogiato e poi puntualmente emarginato addirittura mandato fuori dall'Italia con la promozione a un prestigioso (ma lontano) incarico internazionale?
L'autore del libro conclude denunciando quanto pesa la delega impropria che la politica e la società italiana hanno posto sulle spalle delle toghe, le distorsioni e il degrado che questa delega ha comportato per la nostra società nella quale ordini professionali e associazioni industriali di fronte all'infiltrazione sempre più insostenibile della criminalità non agiscono, non parlano, ma stanno a guardare cosa fa la Magistratura per decidere se e come agire. Denuncia la pletora di leggi assurde e confuse che rovesciando sui PM milioni di processi  su rimborsi assicurativi, multe contestate, sfratti, liti condominiali, buche sull'asfalto, assegni a vuoto, rendono quasi impossibile il loro lavoro.
Una situazione insostenibile che deve venire al più presto corretta e riformata, per tornare a definire i confini della giusta divisione dei poteri dello Stato. Solo a riforma avvenuta i PM potranno tornare a esercitare il loro compito originario che è quello di intervenire su ben delimitati casi di violazione delle leggi, chiunque sia ad infrangerle, senza sconti, senza favoritismi, senza esagerazioni. 

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