martedì 23 aprile 2013

IKEA: si fanno utili con lo sfruttamento "democratico"


Ricevo da Terrelibere.org l'invito a firmare una petizione rivolta alla multinazionale svedese IKEA per chiederle di smettere la sua insostenibile politica di sfruttamento del lavoro nel settore logistico.

Nel polo logistico di Piacenza c’è l’immenso magazzino Ikea che serve Italia, Svizzera e Mediterraneo orientale. Braccia egiziane, pakistane, albanesi spostano le merci che arrederanno le nostre case. Non sono lavoratori assunti direttamente, ma tramite cooperative in subappalto. 
Dopo blocchi, scioperi e proteste, chiedono condizioni di lavoro dignitose. In particolare, la fine degli straordinari e dei riposi punitivi. Secondo i sindacalisti, questi metodi somigliano sempre più al lavoro a giornata in agricoltura che una volta veniva definito "caporalato".
Le lotte all’Ikea danno continuità a quelle vittoriose al corriere TNT, dove i lavoratori – migranti hanno ottenuto migliori condizioni di lavoro e soprattutto milioni di euro di contributi per le casse pubbliche, con un beneficio per tutta la collettività. L’irregolarità nei contratti di lavoro, spesso presente nella rete dei subappalti, danneggia tutti noi: lo Stato incassa meno risorse e quindi è costretto a tagliare i servizi. "Noi stranieri siamo di passaggio - dicono i lavoratori -, ma lottiamo anche per gli italiani".
Come cittadini e consumatori chiediamo a Ikea Italia di assumere direttamente i lavoratori secondo il contratto di categoria. Un’azienda attenta al sociale non può limitarsi a sottoporre codici di condotta ai fornitori.

Una multinazionale da 27 miliardi di fatturato, con un +8% di utile (dati Sole 24 Ore per l’esercizio 2012) non soffrirà per l’assunzione diretta dei magazzinieri. Il subappalto, infatti, più che un mezzo di organizzazione del lavoro, sembra uno strumento di ricatto. L’azienda afferma che il basso costo dei mobili non deve dipendere da condizioni di lavoro degradanti. Oggi questa affermazione può diventare realtà.

Terrelibere.org si occupa dal 1999 di immigrazione. Il lavoro dei migranti è stato negli anni il laboratorio dello sfruttamento. Oggi è diventato il laboratorio del nuovo sindacalismo. Supportare le rivendicazioni nel polo logistico piacentino significa difendere i nostri diritti, anche quelli degli italiani.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Guardate che mi risulta che fa così e anche peggio le Poste Italiane,ed è un ente pubblico, con SDA.I padroncini dei subapappaltanti dei servizi li usano per fare le spremute di lim one.
pierino favrin