domenica 27 gennaio 2013

Quando le parole sono finite

Ieri, partecipando al 2° Reading di Poesia e Narrativa di Paderno Dugnano, "Storie di viaggi", ho deciso di leggere la parte finale dell'ultima lettera di mia sorella Gabriella, datata 1 novembre 1974. 
La lettera che ci è giunta anonimamente qualche tempo dopo, infilata nella casella postale della casa dove vivevano i miei genitori a Milano, è stata scritta con una penna blu su un quadernetto a righe presumibilmente tra le città di Pokhara e Jomsom, lungo la strada che porta a 5.000 metri di quota a valicare il passo che dal Nepal scende verso l'altopiano del Tibet, meta del suo viaggio. 
Viaggio dal quale non ha mai fatto ritorno come la sua amica Gerardina che l'accompagnava.
E' stata per me una forte emozione rileggere dopo tanti anni le sue parole che descrivono in poche righe e con grande efficacia le illusioni e le speranze di una parte della nostra generazione che 40 anni fa guardava a mete lontane, soprattutto a Oriente, cercando una strada che la conducesse verso un mondo spirituale fatto di valori diversi e alternativi a quelli dell'Occidente consumista, materialista e decadente. Voglio condividere queste parole con voi.

A questo punto abbiamo finito di viaggiare con i mezzi pubblici e ci aspettano le montagne che abbiamo davanti.
Fra qualche giorno partiremo da Pokhara a piedi e in 10 giorni raggiungeremo Jomsom, l'ultima grande città che toccheremo. Poi abbiamo già scelto la strada per attraversare la frontiera che passa solo per villaggi dove però siamo sicure, troveremo sempre da mangiare e da dormire. Dopo si vedrà. Abbiamo ancora parecchi soldi in Travel Cheques, ma non credo che a 5mila metri sul passo che porta in Cina, spunterà un omino da un masso che ci chiederà: Hallo mister! Change money? Quindi non potremo avere soldi cinesi e non andremo più a spendere nei villaggi. Ma ormai a quel punto dovremmo già sapere cosa cosa fare, perché per stare in territorio cinese dovremo disfarci di passaporti e Travel Cheque.
E' tanta l'ansia di descrivervi il viaggio che abbiamo fatto, ma non basterebbero i quaderni. Sarebbe stato certo meglio farlo insieme, anzi è come se sulla strada con noi ci foste stati tutti, perché avremmo voluto farvi partecipi di tutte le nostre emozioni ed impressioni, man mano che le abbiamo vissute. Ma certo dell'Oriente misterioso non è rimasto nulla. 
Le migliaia di giovani che abbiamo incontrato non sapevano più dove sbattersi, perché tutti erano in cerca di qualcosa e tutti si rendevano conto di aver scelto la strada sbagliata. Abbiamo visto alcuni che tornavano a casa, altri che, avendo ancora soldi, progettavano viaggi in Thailandia o in Africa, altri che stanno mesi sui barconi del Gange, altri che seguono i corsi di buddismo e tibetano a Mc Leod Ganj. E pensare che altre migliaia di giovani in Europa e in America sognano ogni giorno di mettersi su questa strada che dovrebbe portare all'Eden. Nel Nepal l'Eden proprio non sanno cosa sia, noi in parte l'abbiamo trovato a Katmandu, perché alcuni ristoranti si sono specializzati nella confezione di torte veramente squisite, specialmente per chi da due mesi non mangia altro che riso e curry, piccantissimi.
Scherzi a parte, alla fine tutto si è risolto in una grande delusione. Persino la droga, che anni fa ha attirato e attira ancora oggi i giovani fin qui, non è più libera, cioè si può ancora fumare liberamente, ma non si acquista più dai negozi, solo dai soliti trafficanti che hanno moltiplicato il prezzo per dieci volte al grammo. Ma torniamo a noi. Stiamo bene di salute e siamo abbronzate.
All'inizio facevamo a turno a smaltire una volta l'influenza presa sugli autobus e l'altra la diarrea che però non è mai stata grave. Ora ci siamo procurate anche il chinino per la malaria perché pare che i fiumi di queste valli siano malarici, ma pensiamo che nell'altopiano del Tibet le condizioni di vita siano migliori. Pensiamo sia un po' come l'altopiano dell'Afganistan, però meno secco e meno caldo. Un clima ideale insomma!
Oltre all'estensione del visto di un mese abbiamo dovuto fare un permesso per il trekking che ci consente di andare fino a Jomsom indisturbate. Anche oltre, sulla strada che va al confine, non dovremmo incontrare difficoltà, perché potremo sempre dire di esserci perse. Per quanto riguarda il passaggio del confine, qui a Pokhara c'è un campo profughi tibetano dove ogni giorno arriva gente dal Tibet chiedendo asilo politico, quindi è ovvio che passino il confine clandestinamente. Quindi non preoccupatevi per noi. Per il resto non abbiamo altro da dirvi perché sapete già tutto.

Ps. Siamo a metà strada da Jomsom e abbiamo appreso che non si può procedere oltre perchè ci sono scaramucce tra i tibetani e l'esercito nepalese. Noi da due giorni viaggiamo imboscate. Affidiamo questa lettera a dei turisti. Sono le nostre ultime notizie. Andrà tutto bene. Non preoccupatevi.

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