La lettera che ci è giunta anonimamente qualche tempo dopo, infilata nella casella
postale della casa dove vivevano i miei genitori a Milano, è stata scritta con una penna
blu su un quadernetto a righe presumibilmente tra le città di Pokhara e Jomsom,
lungo la strada che porta a 5.000 metri di quota a
valicare il passo che dal Nepal scende verso l'altopiano del Tibet,
meta del suo viaggio.
Viaggio dal quale non ha mai fatto ritorno come
la sua amica Gerardina che l'accompagnava.
E'
stata per me una forte emozione rileggere dopo tanti anni le sue parole che descrivono
in poche righe e con grande efficacia le illusioni e le speranze di
una parte della nostra generazione che 40 anni fa guardava a mete
lontane, soprattutto a Oriente, cercando una strada che la conducesse verso un mondo spirituale fatto di valori diversi e
alternativi a quelli dell'Occidente consumista, materialista e
decadente. Voglio condividere queste parole con voi.
A
questo punto abbiamo finito di viaggiare con i mezzi pubblici e ci
aspettano le montagne che abbiamo davanti.
Fra
qualche giorno partiremo da Pokhara a piedi e in 10 giorni
raggiungeremo Jomsom, l'ultima grande città che toccheremo. Poi
abbiamo già scelto la strada per attraversare la frontiera che passa
solo per villaggi dove però siamo sicure, troveremo sempre da
mangiare e da dormire. Dopo si vedrà. Abbiamo ancora parecchi soldi
in Travel Cheques, ma non credo che a 5mila metri sul passo che porta
in Cina, spunterà un omino da un masso che ci chiederà: Hallo mister! Change
money? Quindi non potremo avere soldi cinesi e non andremo più a
spendere nei villaggi. Ma ormai a quel punto dovremmo già sapere
cosa cosa fare, perché per stare in territorio cinese dovremo
disfarci di passaporti e Travel Cheque.
E'
tanta l'ansia di descrivervi il viaggio che abbiamo fatto, ma non
basterebbero i quaderni. Sarebbe stato certo meglio farlo insieme,
anzi è come se sulla strada con noi ci foste stati tutti, perché
avremmo voluto farvi partecipi di tutte le nostre emozioni ed
impressioni, man mano che le abbiamo vissute. Ma certo dell'Oriente
misterioso non è rimasto nulla.
Scherzi
a parte, alla fine tutto si è risolto in una grande delusione.
Persino la droga, che anni fa ha attirato e attira ancora oggi i
giovani fin qui, non è più libera, cioè si può ancora fumare
liberamente, ma non si acquista più dai negozi, solo dai soliti
trafficanti che hanno moltiplicato il prezzo per dieci volte al
grammo. Ma torniamo a noi. Stiamo bene di salute e siamo abbronzate.
All'inizio
facevamo a turno a smaltire una volta l'influenza presa sugli autobus
e l'altra la diarrea che però non è mai stata grave. Ora ci siamo
procurate anche il chinino per la malaria perché pare che i fiumi di
queste valli siano malarici, ma pensiamo che nell'altopiano del Tibet
le condizioni di vita siano migliori. Pensiamo sia un po' come
l'altopiano dell'Afganistan, però meno secco e meno caldo. Un clima
ideale insomma!
Oltre
all'estensione del visto di un mese abbiamo dovuto fare un permesso
per il trekking che ci consente di andare fino a Jomsom indisturbate.
Anche oltre, sulla strada che va al confine, non dovremmo incontrare
difficoltà, perché potremo sempre dire di esserci perse. Per quanto
riguarda il passaggio del confine, qui a Pokhara c'è un campo
profughi tibetano dove ogni giorno arriva gente dal Tibet chiedendo
asilo politico, quindi è ovvio che passino il confine
clandestinamente. Quindi non preoccupatevi per noi. Per il resto non
abbiamo altro da dirvi perché sapete già tutto.
Ps.
Siamo a metà strada da Jomsom e abbiamo appreso che non si può
procedere oltre perchè ci sono scaramucce tra i tibetani e
l'esercito nepalese. Noi da due giorni viaggiamo imboscate.
Affidiamo questa lettera a dei turisti. Sono le nostre ultime
notizie. Andrà tutto bene. Non preoccupatevi.
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