Giovanni Giovannetti è un vecchio amico. Ci siamo conosciuti sui marciapiedi di Milano nella prima metà degli anni '70 quando eravamo tutti e due fotoreporter, lavoro che io ho fatto per quasi 20 anni prima di abbandonarlo per dedicarmi al giornalismo scritto (e televisivo e poi online) e che lui invece fa ancora oggi.
L'ho invitato a nome del Circolo Restare Umani all'inaugurazione
della mostra fotografica Occupy Wall Street che abbiamo presentato
oggi pomeriggio allo Spazio Mostre Tilane (fino al 19 gennaio) ed è stato molto bello
parlare con lui, ricordare le tappe della nostra comune militanza
professional-politica in quei lontani anni affollati e discutere insieme di
come è cambiato in questi 30 e passa anni il mestiere di fotogiornalista e se questo ha ancora un
futuro.
Le foto della mostra che raccontano le
manifestazioni e l'occupazione da parte di un movimento senza leader,
costituito da persone di ogni sesso, colore, cultura, professione e
idee politiche, del quartiere delle grandi banche d'affari americane,
sede del capitalismo finanziario globale governato da
quell'1% di "padroni dell'universo" che sfrutta e umilia il
99% della popolazione mondiale, sono state il pretesto per parlare anche della sua (nostra) vita professionale densa di
migliaia e migliaia di immagini, scattate e non.
Molte sue foto sono entrate nella
storia del fotogiornalismo, come quelle scattate a Belfast nel 1982 nei quartieri cattolici o
ai cantieri Lenin di Danzica nel 1980, e che i presenti in sala hanno potuto vedere
proiettate e commentate dall'autore. Si trattava di fotoreportage
autoprodotti (perché allora si lavorava così) e poi distribuiti da
lui stesso e dalle tante agenzie che vendevano le sue foto ai
giornali, quali Marka e Grazia Neri, che hanno venduto per
anni anche le mie fotografie.
Ci siamo ritrovati oggi a Paderno
Dugnano dopo esserci persi di vista nei primi anni 80, quando io ho
cominciato a tradurre le mie fotografia in scrittura abbandonando
progressivamente l'immagine perché non riuscivo più a trasformare
in icona il cambiamento e l'innovazione tecnologica di cui mi
occupavo e lui, per continuare a farlo, diventava editore, prima di sé stesso e poi di altri autori, producendo libri fotografici e poi libri in
cui le immagini si affiancavano al testo.
Giovanni, nato a Lucca nel 1955, ma cresciuto e vissuto a Pavia, nel 1988 ha fondato l'agenzia Effigie, divenuta in seguito anche casa editrice. Tra i suoi libri: Belstaf. Appunti sulla realtà nord-irlandese (1981), Diario polacco. Immagini di un anno di sindacato libero (1982), Ritorno a Danzica (con A. Sowa 2004), Sprofondo Nord (2011), Frocio e Basta (sulla morte di Pier Paolo Pasolini), Un archivio italiano (ritratti di narratori, poeti e saggisti) e Zingari di merda (viaggio nel ventre povero dell'Europa) che l'autore considera il suo "ultimo reportage" iniziato a Pavia nell'area della ex Snia dove i Rom vennero sfrattati nel 2007.
Molta acqua è passata sotto i ponti da
quando discutevamo nel Collettivo Fotografi Milanesi e cercavamo di
tradurre il nostro dibattito sul fotogiornalismo come mezzo di
indagine sociale realizzando insieme reportage e mostre, io nelle fabbriche
che stavano per venire robotizzate, lui a Castel Goffredo a
ricostruire il ciclo produttivo dell'area sistema dei collant, mentre
Tonino Conti, un altro fotografo del Collettivo, andava a Napoli a
fotografare nei bassi le "fabbriche diffuse" dove
lavoravano i bambini che incollavano a mani nude le scarpe degli
stilisti milanesi. Vent'anni prima di Gomorra.
Giovanni Giovannetti ha continuato in questi anni a
portare avanti il suo impegno sociale e politico che è
diventato più "glocal" seguendo il ciclo della
delocalizzazione del made in Italy, ma anche denunciando il sacco
urbanistico criminale che seguiva da vicino la "riqualificazione"
delle aree dismesse.
Un impegno che si paga oggi più
di ieri, come dimostra l'incendio doloso che il 30 dicembre scorso ha
devastato il seminterrato della sua casa di Pavia distruggendo
migliaia di copie dei suoi libri, alcuni dei quali semicombusti ci ha
mostrato durante l'incontro. Giovannetti, con Walter Veltri (fratello
di Elio) e Franco Maurici porta avanti nella sua città le battaglie
per la legalità e contro la cementificazione selvaggia. L'attentato
alla sua casa è arrivato dopo le croci nere tracciate sulla porta
dello studio dell'avvocato Muarici e l'incendio dell'auto di Walter
Veltri.
"Il fotogiornalismo forse non ha
più senso oggi che la tecnologia dell'immagine digitale e l'accesso
alla rete che rovescia sul mondo ogni giorno milioni di fotografie e
video che i media non sembrano interessati a comprare dal momento che
usano la fotografia solo come decorazione e negano all'immagine il
valore di linguaggio universale che ha sempre avuto – ha detto
rispondendo alle mie sollecitazioni -. L'impegno che porta a denunciare, informare, raccontare, le ingiustizie e il potere
criminale però resta valido e necessario. Usare la fotografia a
questo fine è ancora possibile e utile".
Prima di lasciare Paderno ha voluto che
lo accompagnassi a vedere con i suoi occhi il Centro Falcone e
Borsellino di cui ha scritto nel libro Sprofondo Nord e farsi
raccontare quel che sapevo di quella storia. Poi se n'è
tornato a Pavia a rifare il pavimento del suo deposito di libri
incendiato e finire il suo ultimo libro sulla criminalità urbanistica che uscirà in primavera e
che ha promesso di venire a presentare alla Tilane.
La casa editrice Effigie mette in
vendita solidale i libri bruciacchiati nell’incendio doloso di casa
Giovannetti. Il ricavato servirà a finanziare il ripristino dei
locali danneggiati. L’editore ha pensato di “vendere” i libri
bruciacchiati [offerta minima, 30 euro] come forma di
autofinanziamento equo e anzitutto solidale, iniziativa a cui per ora
hanno aderito le librerie pavesi Clu e Delfino e un paio di locali di
ritrovo cittadini.
Una curiosità: alcuni volumi andati in fumo sono pubblicati nella collana “i fiammiferi del Primo amore” (come sembra evidente, si tratta di libri incendiari), mentre Accusata di Mariella Mehr – altro libro incenerito – è la storia di una piromane.
Una curiosità: alcuni volumi andati in fumo sono pubblicati nella collana “i fiammiferi del Primo amore” (come sembra evidente, si tratta di libri incendiari), mentre Accusata di Mariella Mehr – altro libro incenerito – è la storia di una piromane.
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