Sta per arrivare nelle sale
cinematografiche italiane "Lincoln", ultimo capolavoro di
Steven Spielberg candidato a ben 12 Oscar.
Il film, già in circolazione negli
Stati Uniti da metà novembre, è stato tratto dal libro "Team
of Rivals: The Political Genius of Abraham Lincoln" scritto
dalla storica americana, Doris Kearns Goodwin. Il regista che al tema della
schiavitù negli Stati Uniti aveva già dedicato un altro film di
successo "Amistad" nel 1997, torna così ad occuparsi di una ferita
della storia moderna che non sembra ancora del tutto rimarginata.
La pellicola racconta gli ultimi quattro
mesi di presidenza e di vita di Abramo Lincoln interpretato da Daniel
Day-Lewis, e rivela la passione e l’umanità di un uomo impegnato,
contro ogni pressione pubblica e privata, nella ricostruzione di un
paese distrutto dalla guerra civile. Far rinascere gli Stati Uniti,
per Lincoln, vuol dire prima di tutto far approvare il 13°
emendamento che abolisce la schiavitù, facendo compiere un passo
avanti all’intera umanità.
Per raggiungere questo grande traguardo
che dava un senso e giustificava l'enorme tragedia della guerra
civile (non a caso il film comincia con la scena selvaggia di un
combattimento corpo a corpo nella terribile battaglia di Jenkins'
Ferry tra soldati in blu e soldati in grigio), Lincoln ha fatto di
tutto. Ha usato tutte le armi di cui disponeva compresa la corruzione
e la compravendita uno ad uno dei voti necessari dei rappresentanti,
per avere la maggioranza e far approvare un emendamento da un
parlamento che non era affatto abolizionista e non voleva dare il diritto di voto e riconoscere i
diritti civili agli ex schiavi di colore.
Era indubbiamente un capo atipico. Se
cambiava idea lo riconosceva, se faceva un errore non lo nascondeva.
Se le cose andavano bene, condivideva il successo con i suoi
collaboratori. Se andavano male, non scaricava la responsabilità su
altri. E soprattutto ascoltava l' opinione di tutti, anche le
critiche più dure, a cominciare da quelle di sua moglie
Con i suoi discorsi da presidente ha scritto la
storia. "Allora la politica era di livello altissimo – ha
sottolineato la scrittrice del libro in un'intervista -. I discorsi, anche quelli di autodidatti come Lincoln, erano letterari e storici, sempre molto argomentati, senza volgarità.
Il contrario della demagogia di oggi. Eppure i contadini venivano
ipnotizzati dal suo linguaggio".
Era davvero un
abolizionista? Viene spesso citata una lettera che scrisse ad
Horace Greeley in cui ammetteva: "Se potessi liberare l' Unione
senza liberare un solo schiavo, lo farei". Lincoln voleva a
tutti i costi vincere la guerra e salvare l' Unione perché aveva
capito che senza abolire la schiavitù gli Stati Uniti sarebbero
morti. Era un uomo, e il film lo mette bene in luce, dotato di una
straordinaria intelligenza emotiva, che lo metteva in grado di
comunicare intimamente con i suoi compatrioti. Sapeva cosa dire e in
quale momento dirlo. Il famoso discorso di Gettysburg: " che
l’idea di un governo di popolo, dal popolo, per il popolo, non
abbia a perire sulla terra" rimane un capolavoro immortale.
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