Il vaniloquio televisivo di un
Berlusconi, sfigurato dal make up che cercava di nascondere sotto i
posticci le devastazioni fisiche inferte al suo corpo stremato da una ormai patetica
volontà di potenza, è stato uno spettacolo davvero desolante.
Con un monologo interminabile, che lui
ha chiamato "conferenza stampa", trasmesso dal salone di
una delle sue ville brianzole davanti a una platea di complici,
l'ex leader della destra italiana ha ripetuto come un disco rotto le
solite penose bugie già raccontate mille volte. Per un'ora ha dato
sfogo al suo livore impotente contro tutto e tutti: la Magistratura
che ha preteso di giudicarlo e condannarlo definendolo un criminale,
la Costituzione democratica che non lo tutela nella sua pretesa di
impunità, il presidente Monti che lo ha emarginato dalla vita
politica nazionale, Merkel e Sarkozy che lo hanno
ridicolizzato pubblicamente assassinando la sua già scarsa
credibilità internazionale, gli italiani, infine, che lo considerano
un bugiardo patologico e non gli hanno mai dato il 51%
dei consensi.
A parte la sua noiosa denuncia della magistratura politicizzata e comunista, in estrema sintesi, egli
ha dichiarato che la recessione è stata provocata dal governo Monti
che ha aumentato le tasse. Ha minacciato per questo di togliergli la
fiducia prima della fine del mandato, ma ha ammesso che le reazioni
dei mercati finanziari a una mossa del genere creerebbero danni al
Paese. Ha ribadito la necessità di "restare in campo"
(smentendo il suo addio di due giorni fa), pur confermando le
primarie PdL di dicembre per la scelta del candidato premier
chiarendo che non vi parteciperà, smentendo così quanto dichiarato
in mattinata.
Il discorso di Berlusconi ascoltato
ieri sembrava quello pronunciato al Lirico alla vigilia della
Liberazione da un Mussolini al tramonto. Un discorso disperato nel
quale il dittatore mediatico sconfitto (come il suo predecessore) ha tentato di recuperare con le solite promesse mai mantenute in 20 anni
di avventura politica, un feeling con la folla televisiva che appare
irrimediabilmente spezzato.
Qualcuno ancora una volta gli crederà?
Questa è la scommessa sulla quale sembra voler puntare il vecchio e
stanco Cav, sospinto per non dire spintonato dai suoi più fanatici e
interessati sostenitori nel centro del ring elettorale, a
combattere come un pugile suonato il suo ultimo round. Possiamo
prevedere facilmente che come tutte le dittature mediterranee anche
questa finirà male. La piazzale Loreto elettorale è ormai vicina.
1 commento:
Io sono d'accordo sul fatto che l'Italia non è una democrazia e che qui gli organismi eletti (o nominati) sono limitati nei poteri da molti organismi non eletti che non devono rendere conto che a se stessi.
Berlusconi resta sempre se stesso e continua in quello che è la cifra della sua storia politica: chiedere il voto perché il paese ha bisogno di riforme fortemente liberali e poi non farle anzi dare una mano ai poteri forti che condanna a parole per perpetrarsi come ha fatto con gli ordini professionali e i magistrati stessi quando nel 1999 ha chiesto agli italiani di non andare a votare per i referendum che avrebbero riformato la giustizia.
Ma Berlusconi non è stato solo in questi 20 anni: mi ricordo un intervento di Rimoldi del PDL in consiglio comunale che giustificava la riforma Gelmini dicendo che c'erano professori che leggevano il giornale invece di lavorare. Poi uno va a vedere la riforma Gelmini e scopre che lascia al loro posto i baroni universitari e danneggia i precari che sono l'anello debole della catena e quelli + motivati all'insegnamento.
L'imballaggio liberale sulla vecchia democrazia cristiana che ha inventato Berlusconi è un format tuttora diffuso (basti sentire Casini) e credo anche con una grande audience perché fa comodo a tanti cittadini che vogliono cambiare tutto per lasciare tutto (e nel tutto soprattutto se stessi) il più possibile com'è.
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