martedì 29 maggio 2012

Terremoto, padroni e operai


Il sisma di stamattina ha schiacciato sotto le macerie dei capannoni industriali gli operai tornati al lavoro a una settimana dalla scossa devastante del 20 maggio. La fretta e l'ansia di ricominciare (la loro e quella dei datori di lavoro) è stata fatale. E la polemica è già scoppiata tra sindacati e Confindustria.
Il sindacato, alla luce della nuova tragedia, ampiamente annunciata, dice per bocca di Susanna Camusso, leader della CGIL: "tutto mi fa pensare che non si è provveduto alla messa in sicurezza degli stabilimenti prima di far tornare le persone al lavoro". Subito gli risponde il neopresidente degli industriali, Giorgio Squinzi che difende le aziende con queste parole: "Non è vero che sono crollati capannoni di carta velina, quelli nel settore della ceramica erano signori capannoni, costruiti con tutti i crismi. Quindi mi sembra che i crolli siano da attribuire alla fatalità".
Le prime analisi sulla struttura dei "sicurissimi" capannoni che piacciano tanto a Squinzi dicono che gli edifici crollati sono antecedenti la normativa antisismica del 2005, e che apparterrebbero a una tipologia particolare: capannoni prefabbricati in cemento armato con copertura orizzontale a travi e tegoli. In pratica il sisma ondulatorio avrebbe fatto slittare le travi dai pilastri sui quali poggiavano senza essere fissate provocando il crollo.
Come si vede il termine fatalità piace molto agli industriali che lo usano sempre per coprire la loro coscienza sporca. Lo ha usato anche il predecessore di Squinzi, Emma Marcegaglia, l'anno scorso in occasione della sentenza di condanna dei manager tedeschi al processo Thyssenkrupp, ottenendo un vergognoso applauso dall'assemblea dei suoi pari.

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