giovedì 24 maggio 2012

Brindisi, la stampa, le foto e i bastardi

Una foto vale più di mille parole, ha scritto l'autore della bella immagine che illustra il post precedente dedicato al tram Milano-Limbiate. Ma spesso le parole che una foto comunica sono sbagliate, violente, inaccettabili e mettono in luce il peggio di chi le comunica. 
A dimostrarlo in modo inequivocabile sono molte  immagini e parole che sono circolate sulla stampa e sulla rete dopo la tragedia di Brindisi dove due istituzioni democratiche, la stampa e la magistratura, non hanno dato prova di responsabilità, capacità professionale ed equilibrio. 
"L'unica cosa che voglio adesso è essere lasciato in pace. Sono un uomo onesto e non c'entro niente con la bomba. Ieri è stato un incubo ma per fortuna hanno capito che sono onesto". Così ha detto in un video pubblicato sul sito de 'La Stampa' e 'Il Mattino', l'ex sospettato per l'attentato alla scuola di Brindisi costato la vita a Melissa Bassi e sbattuto in prima pagina con tanto di foto, nome e cognome. 
A Brindisi è emerso in tutta evidenza il ruolo malato dei media che in questi casi amplificano il rumore di fondo dei boatos e delle illazioni, moltiplicato dal web e dai social network, fino a rendere tutto incomprensibile e insopportabile con la pubblicazione di falsi scoop che mettono alla gogna degli innocenti o (e questo forse è il peggio) con la pubblicazione di immagini violente delle vitime minorenni dell'attentato, in sfregio a tutte le regole professionali e le leggi in materia.

L’Ordine dei giornalisti di Puglia con un comunicato ha annunciato che il 29 maggio prossimo si riunirà nella sede a Bari, per affrontare “eventuali casi di violazioni disciplinari compiute da colleghi che si stanno occupando dell’attentato avvenuto a Brindisi dinanzi alla scuola Morvillo Falcone”. L’Ordine continua a fare l’appello “al senso di responsabilità” dei colleghi e ricorda che anche sul social network non viene meno l’obbligo per il giornalista di rispettare norme di legge e deontologiche sulla privacy e sulla presunzione di innocenza. L’ansia da scoop e la fretta di dare per primi una notizia non verificata – viene ancora precisato nella nota del presidente – ha rischiato nei giorni scorsi di mettere a repentaglio l’incolumità di persone che venivano solo sottoposte ad accertamenti investigativi e ha scatenato una caccia al “mostro” che dal web si trasferiva alla vita reale”.
Ma il problema non riguarda solo i giornalisti. Sotto accusa è anche la magistratura che troppo spesso viola le sue stesse leggi non proteggendo come è suo dovere i risultati delle indagini e consentendo la divulgazione di atti e documenti di indagine che, pubblicati sui giornali e su internet, vanificano il lavoro degli inquirenti. In questo caso si tratta dei filmati delle telecamere che mostrano il presunto attentatore mentre aziona il telecomando che ha fatto esplodere le bombole di gas. Il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, ha dichiarato: ''Non si possono fare le indagini con i giornalisti dentro le questure. ''Bisogna pensarci perché le indagini richiedono serenità e segreto''.
Tra i giornalisti il peggiore, in questa tragica vicenda, si è rivelato (come quasi sempre capita) il direttore del Giornale berlusconiano che il giorno dopo la strage di studentesse non ha esitato a pubblicare a piena pagina la foto "pornografica" di una giovane vittima che vi appare denudata dal fuoco e con il corpo devastato dalle ustioni. Il titolo scelto dal direttore Feltri era "Bastardi siete", mentre naturalmente il vero bastardo è lui.

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