venerdì 30 marzo 2012

Monti: l'ultimo tecnico della stagione antipolitica

"Caro Direttore,  vedo solo ora che alcune considerazioni da me fatte in una conferenza tenuta l'altro ieri a Tokyo presso il giornale Nikkei hanno suscitato vive reazioni in Italia. Ne sono molto rammaricato, tanto più che quelle considerazioni, espresse nel corso di un lungo intervento in inglese, avevano l'obiettivo opposto a quello che, fuori dal contesto, è stato loro attribuito. Volevano infatti sottolineare che, pur in una fase difficile, le forze politiche italiane si dimostrano vitali e capaci di guardare all'interesse del Paese".
Mario Monti piscia fuori dal vaso in Tv e si comporta come un Berlusconi qualsiasi andando all'estero a lanciare sfide e insulti ai suoi critici (il governo ha un alto consenso i partiti no), cioè al PD che gli chiede di modificare la sua inaccettabile riforma del lavoro, e il direttore del Corriere della Sera, di cui il professore è un collaboratore, gli impone la scrittura immediata di una lettera di precisazione in cui egli ricordando "i meriti dei partiti" sostiene esattamente il contrario di quel che aveva affermato. Insomma, è stato travisato il suo pensiero, forse perché espresso in inglese. 
Monti, purtroppo, comincia pericolosamente ad assomigliare a un politico italiano qualunque. Dovrebbero fare analizzare l'acqua e l'aria di Roma perché non è possibile che dopo qualche mese di permanenza nella capitale anche la persona più intelligente ed equilibrata finisca per comportarsi così: dire cazzate spaziali in pubblico e davanti alle telecamere per smentirle subito dopo dando la colpa a chi le ascolta e le riporta.
Nella sua lettera ai lettori del quotidiano di via Solferino, il Presidente del Consiglio, dice anche altre cose. Afferma che gli investitori cinesi e asiatici, attualmente i più liquidi del mondo, non vengono a investire in Italia per colpa dell'articolo 18, banco di prova della capacità "riformista" del nostro sistema. Gli stranieri, egli dice, apprezzano la riduzione del disavanzo, la riforma delle pensioni e le liberalizzazioni. Ma restano riserve e dubbi legati alla capacità del governo di comprimere ulteriormente il costo del lavoro per le imprese, cioè i lavoratori, tutti i lavoratori, quelli dipendenti e quelli precari, quelli autonomi e quelli che non lavorano. Quelli cioè che quasi ogni giorno da un anno in qua si suicidano dandosi fuoco come i bonzi tibetani.
Soprattutto, egli afferma, nei banchieri stranieri  resta il dubbio che quando nel 2013, dopo le elezioni, il governo tecnico se ne andrà torneranno i politici a governare e addio rigore. "Finché la percezione errata e il dubbio non saranno dissipati, la fase attuale verrà considerata come una interessante «parentesi», degna forse di qualche investimento finanziario a breve termine. Ma le imprese straniere, come del resto quelle italiane, saranno riluttanti a considerare l'Italia un luogo conveniente nel quale investire e creare occupazione".
Per fugare questo dubbio e queste riserve secondo Monti i partiti dovrebbero cambiare e diventare più credibili. Per gli italiani? Sì, ovviamente, ma soprattutto per i signori della grande finanza globale che governano il mondo. E i signori in questione sono personaggi che vivono e si sono arricchiti in Paesi dove ogni mattina fuori dagli alberghi a 5 stelle i camerieri fanno l'alzabandiera del partito-stato e dove gli stipendi e i diritti dei lavoratori sono molto, molto ridotti.
"Le forze politiche sono impegnate in una profonda riflessione al loro interno e, in dialogo tra loro, lavorano a importanti riforme per rendere il sistema politico e istituzionale meno pesante e più funzionale" egli scrive. La domanda è: meno pesante e più funzionale per chi? Dove sta nella sua riforma del lavoro l'equità necessaria a raccogliere il consenso dei lavoratori che verranno impoveriti e ai quali verranno tolti i diritti che si sono conquistati 40 anni fa?
La smentita di Monti, affidata al Corriere, non appare sincera e non convince. La verità è che il professore disprezza la politica, e si ritiene superiore ai partiti che gli italiani hanno votato (mentre lui non è stato eletto da nessuno) e la prova è che ancora nella sua lettera di precisazione, mentre tenta di lisciarli in realtà li sfida irresponsabilmente nel tentativo di riuscire a piegarli alla sua visione che è antipopolare non impopolare.
Monti ha deluso. Sotto i suoi toni felpati e i suoi modi anglosassoni, infatti, fa capolino l'italiano che, venga dalle Alpi o dall'Etna, quando arriva a sedersi sulla poltrona dorata di Palazzo Chigi finisce per credersi l'uomo della provvidenza.

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