domenica 5 febbraio 2012

A gennaio record di licenziamenti in Lombardia

Segnalo questo comunicato emesso dalla Cisl Lombardia sulla dinamica occupazionale a livello regionale. 


Sono ben 7.410 i lavoratori messi in mobilità, ovvero licenziati, a gennaio 2012. Un numero mai raggiunto in passato e in forte aumento. E' quanto emerge dalle elaborazioni condotte dalla Cisl Lombardia sulla base dei dati delle liste pubbliche provinciali e regionali. 
"E' un nuovo grave campanello d'allarme di una crisi che continua a colpire il lavoro – commenta Gigi Petteni, segretario generale della Cisl Lombardia -. L'aumento dei lavoratori licenziati conferma quello che da tempo diciamo: non basta limitarsi a difendere una cassa integrazione che prima o poi finisce, dobbiamo occuparci urgentemente di chi il lavoro lo ha perso o lo sta perdendo”. 
In questi tre anni di crisi il numero di licenziati ogni mese è viaggiato attorno alle 4-5mila unità. Erano ad esempio 5.994 nello stesso mese dello scorso anno e 3.817 lo scorso dicembre. E' un dato variabile, ma che si è sempre tenuto su una media stabile. L'aumento rilevato a fine gennaio lascia intravvedere un 2012 di dura crisi occupazionale per molti lavoratori. Ad aggravare la situazione è il fatto che l'incremento più sensibile si registra tra i lavoratori delle piccolissime aziende o dei settori deboli (+ 29,3% rispetto a a fine gennaio 2011), coperti solo dopo il licenziamento da 8 mesi massimi di disoccupazione ordinaria e non dai 2 o 3 anni di indennità di mobilità come avviene nell'industria. Dei 7.410 licenziati ben 5.055 hanno solo gli 8 mesi contro i 2.355 che hanno la mobilità per intero. “Alla Regione Lombardia chiediamo di accelerare l'estensione delle doti di ricollocazione per chi è licenziato concordata a dicembre con i sindacati – aggiunge Petteni -. Alle parti sociali nazionali diciamo che questi dati ci danno un motivo in più per cambia re e non conservare le regole di un mercato del lavoro vecchio e che non ci aiuta più”. E conclude: “E' assurdo che due-terzi dei licenziati non abbiano sostegni degni di questo nome, così com'è altrettanto assurdo che in questo Paese si continui a pensare che occorra più facilità sui licenziamenti. “Più occupati e meno licenziati” deve essere lo slogan per chi vuole davvero riformare il mercato del lavoro”.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ho cominciato a lavorare a 15 anni,più di vent'anni fa. Nell'azienda dove lavoravo l'età deilavoratori andava dai 15, appunto, a più di 60. Il lavoro c'era per tutti. L'articolo 18 non ha mai costituito un'ostacolo all'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Non si capisce perchè adesso la sua abolizione debba costituire la "condicio sine qua non" per incrementare l'occupazione soprattutto giovanile. Come non si capisce il motivo per il quale togliendo delle tutele a chi ha un posto di lavoro consolidato, queste dovrebbero andare a favore di chi non ne ha... ma non dovrebbe essere più logico estenderle a tutti? Forse gioverebbe di più concentrarsi sulla possibilità di ridurre il cuneo fiscale che incide sulle aziende e renderle più competitive.I licenziamenti più facili, accompagnati o meno dalla buonuscita, servono solo a rendere la situazione del lavoro più precaria e a bloccare ancora di più l'economia.
M.R.