mercoledì 16 luglio 2014

Crisi economica: l’austerità fa male alla salute

Ricevo da Stefano Mora questo  intervento sul rapporto diretto tra crisi economica, politiche di austerity e salute pubblica.

Un acceso dibattito si è sviluppato a questo proposito su prestigiose riviste scientifiche, partendo da un articolo pubblicato nel 2012 sull’European Journal of Public Health. Gli autori mettevano in relazione la crisi economica, l’austerità e il sistema sanitario pubblico Greco, notando come l’intervento indiscriminato di tagli alla spesa sanitaria aveva prodotto una serie di conseguenze negative sulla salute pubblica. Queste osservazioni sono state poi riprese in un articolo pubblicato quest’anno su Lancet (una delle più prestigiose riviste medico-scientifiche). Riassumendo il contenuto dell’articolo, il contenimento della spesa sanitaria imposta dal Fondo Monetario Internazionale al 6% del PIL ha contribuito, tra l’altro, all’aumento del numero di nuove infezioni da HIV (dovuto alla soppressione dei servizi rivolti alla prevenzione della diffusione del virus), all’aumento dei casi di tubercolosi (dovuto alla riduzione degli screening), ,all’aumento dei casi di malaria nel sud della nazione (associato ai tagli alla lotta alle zanzare), all’aumento della mortalità infantile e al numero di complicazioni post-partum (associato alla diminuzione dei controlli pre- e perinatali). La riduzione del personale medico realizzata col mancato rimpiazzo del personale andato in pensione (1 nuova assunzione ogni 5 pensionamenti) ha portato ad un aumento importante dei tempi di attesa e ad un peggioramento della qualità delle prestazioni.
Questi dati sono stati aspramente contestati sia da una parte della comunità scientifica, sia soprattutto da parte governativa, che cercano di sminuire il problema adducendo dati parziali o non veri. Gli articoli in questione, sono basati su evidenze oggettive, quali i dati forniti dalla Comunità Europea e liberamente accessibili al sito: http://ec.europa.eu/health/indicators/indicators/index_en.htm. Con le dovute differenze, basate principalmente sui diversi sistemi di salute pubblica, situazioni simili sono state documentate per la Repubblica di Irlanda e anche per il nostro Paese. Due lettere sempre pubblicate su Lancet testimoniano come la crisi e soprattutto le misure imposte per uscirne abbiano un effetto negativo sul sistema sanitario. Non è stato ovunque così. In Islanda e Finlandia, paesi fortemente colpiti dalla crisi finanziaria, e passati attraverso ristrutturazioni pesantissime, si è deciso di non toccare il sistema sanitario. Il risultato è stato più che positivo, essendo gli indicatori di salute stabili nel tempo.
Nel nostro paese, abbiamo detto, vi sono segnali preoccupanti. Anche da noi, così come in Grecia, il personale pensionato non viene rimpiazzato. Questo processo si traduce in un maggior carico di lavoro per tutti, con un conseguente aumento dei tempi di attesa per le prestazioni anche urgenti. I necessari tagli agli sprechi sono stati interpretati come tagli alla spesa. Il risultato è una diminuzione della qualità dei servizi erogati, fatte salve alcune importanti eccezioni. Si parla ora di aumentare gli oneri a carico dei pazienti. Se ciò si tradurrà in legge, assisteremo ad una diminuzione del ricorso ai servizi di prevenzione e cura, e ad un aumento al ricorso a “cure alternative”.
La riflessione nel mondo scientifico è aperta, e la strada da percorrere appare evidente. Non altrettanto sembra chiaro al mondo politico che la diminuzione delle risorse per la sanità, corrisponderà non ad un risparmio globale, ma ad un aumento delle patologie acute e croniche, che inevitabilmente porterà ad un nuovo incontrollato aumento di spesa.

La salute è un diritto fondamentale, e va tutelato. L’idea corrente che la sanità sia un buco nero e vada riformata in senso restrittivo, è una chimera del pensiero reazionario e conservatore, che ha come unico scopo quello di rendere profittevole anche ciò che è pubblico. Il sistema ha bisogno di una revisione importante. Oggi è basato su alcuni pilastri voluti proprio da quella parte politica che ora lo osteggia. Ma ha fino ad ora mantenuto un carattere di universalità che lo ha contraddistinto e che ha contribuito a creare condizioni di salute sempre migliori. I cambiamenti devono andare verso la riduzione degli sprechi e la razionalizzazione delle risorse, sia umane, sia materiali. Ogni cambiamento che non tenga conto della importanza della salute pubblica, ma che guardi solo ai bilanci e alla profittabilità, porterà inesorabilmente allo sviluppo di una situazione simile a quella vissuta dai nostri vicini Greci, con conseguenze non facilmente prevedibili.

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