Ricevo da Stefano Mora questo intervento sul rapporto diretto tra crisi economica, politiche di austerity e salute pubblica.
Un acceso dibattito
si è sviluppato a questo proposito su prestigiose riviste
scientifiche, partendo da un articolo pubblicato nel 2012
sull’European Journal of Public
Health. Gli autori mettevano in
relazione la crisi economica, l’austerità e il sistema sanitario
pubblico Greco, notando come l’intervento indiscriminato di tagli
alla spesa sanitaria aveva prodotto una serie di conseguenze negative
sulla salute pubblica. Queste osservazioni sono state poi riprese in
un articolo pubblicato quest’anno su Lancet
(una delle più prestigiose riviste medico-scientifiche). Riassumendo
il contenuto dell’articolo, il contenimento della spesa sanitaria
imposta dal Fondo Monetario Internazionale al 6% del PIL ha
contribuito, tra l’altro, all’aumento del numero di nuove
infezioni da HIV (dovuto alla soppressione dei servizi rivolti alla
prevenzione della diffusione del virus), all’aumento dei casi di
tubercolosi (dovuto alla riduzione degli screening), ,all’aumento
dei casi di malaria nel sud della nazione (associato ai tagli alla
lotta alle zanzare), all’aumento della mortalità infantile e al
numero di complicazioni post-partum (associato alla diminuzione dei
controlli pre- e perinatali). La riduzione del personale medico
realizzata col mancato rimpiazzo del personale andato in pensione (1
nuova assunzione ogni 5 pensionamenti) ha portato ad un aumento
importante dei tempi di attesa e ad un peggioramento della qualità
delle prestazioni.
Questi dati sono
stati aspramente contestati sia da una parte della comunità
scientifica, sia soprattutto da parte governativa, che cercano di
sminuire il problema adducendo dati parziali o non veri. Gli articoli
in questione, sono basati su evidenze oggettive, quali i dati forniti
dalla Comunità Europea e liberamente accessibili al sito:
http://ec.europa.eu/health/indicators/indicators/index_en.htm.
Con le dovute differenze, basate principalmente sui diversi sistemi
di salute pubblica, situazioni simili sono state documentate per la
Repubblica di Irlanda e anche per il nostro Paese. Due lettere sempre
pubblicate su Lancet
testimoniano come la crisi e soprattutto le misure imposte per
uscirne abbiano un effetto negativo sul sistema sanitario. Non è
stato ovunque così. In Islanda e Finlandia, paesi fortemente colpiti
dalla crisi finanziaria, e passati attraverso ristrutturazioni
pesantissime, si è deciso di non toccare il sistema sanitario. Il
risultato è stato più che positivo, essendo gli indicatori di
salute stabili nel tempo.
Nel nostro paese, abbiamo
detto, vi sono segnali preoccupanti. Anche da noi, così come in
Grecia, il personale pensionato non viene rimpiazzato. Questo
processo si traduce in un maggior carico di lavoro per tutti, con un
conseguente aumento dei tempi di attesa per le prestazioni anche
urgenti. I necessari tagli agli sprechi sono stati interpretati come
tagli alla spesa. Il risultato è una diminuzione della qualità dei
servizi erogati, fatte salve alcune importanti eccezioni. Si parla
ora di aumentare gli oneri a carico dei pazienti. Se ciò si tradurrà
in legge, assisteremo ad una diminuzione del ricorso ai servizi di
prevenzione e cura, e ad un aumento al ricorso a “cure
alternative”.
La salute è un diritto
fondamentale, e va tutelato. L’idea corrente che la sanità sia un
buco nero e vada riformata in senso restrittivo, è una chimera del
pensiero reazionario e conservatore, che ha come unico scopo quello
di rendere profittevole anche ciò che è pubblico. Il sistema ha
bisogno di una revisione importante. Oggi è basato su alcuni
pilastri voluti proprio da quella parte politica che ora lo osteggia.
Ma ha fino ad ora mantenuto un carattere di universalità che lo ha
contraddistinto e che ha contribuito a creare condizioni di salute
sempre migliori. I cambiamenti devono andare verso la riduzione degli
sprechi e la razionalizzazione delle risorse, sia umane, sia
materiali. Ogni cambiamento che non tenga conto della importanza
della salute pubblica, ma che guardi solo ai bilanci e alla
profittabilità, porterà inesorabilmente allo sviluppo di una
situazione simile a quella vissuta dai nostri vicini Greci, con
conseguenze non facilmente prevedibili.
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