martedì 24 gennaio 2012

La memoria contro l'orrore razzista

Venerdì 27 gennaio, Giorno della Memoria, verranno ricordate, anche a Paderno Dugnano con diverse cerimonie organizzate dall'ANPI e dal Comune, le vittime dell'Olocausto. La scelta della data ricorda il 27 gennaio 1945, quando le truppe sovietiche dell'Armata Rossa, nel corso dell'offensiva in direzione di Berlino, arrivarono presso la città polacca di Oświęcim (il suo nome tedesco è Auschwitz), scoprendo così il campo di sterminio e liberandone i pochi superstiti.  Tra questi lo scrittore italiano Primo Levi che raccontò la sua tragica stagione nell'inferno del lager nel libro "Se questo è un uomo".
Una dura polemica politica che contrappone in questi giorni Turchia e Francia ci ricorda però che il grande genocidio degli ebrei attuato dai nazisti tedeschi e dai loro alleati, tra cui i fascisti italiani, nel periodo 1938-1945 era stato preceduto 30 anni prima da un altro genocidio: quello degli Armeni di cui si resero responsabili i "Giovani Turchi del regime nazionalista di Mustafa Kemal Ataturk.
Nella notte tra il 23 e il 24 aprile1915 vennero eseguiti i primi arresti tra l'élite armena di Costantinopoli. L'operazione proseguì l'indomani e nei giorni seguenti. In un solo mese, più di mille intellettuali armeni, tra cui giornalisti, scrittori, poeti e perfino delegati al Parlamento furono deportati verso l'interno dell'Anatolia e massacrati lungo la strada.
Arresti e deportazioni furono compiute in massima parte dai "Giovani Turchi". Nelle marce della morte, che coinvolsero 1.200.000 persone, centinaia di migliaia morirono per fame, malattia o sfinimento. Queste marce della morte furono organizzate con la supervisione di ufficiali dell'esercito tedesco in collegamento con l'esercito turco, secondo le alleanze ancora valide tra Germania e Impero Ottomano (e oggi con la Turchia) e si possono considerare come "prova generale" delle più note marce ai danni dei deportati ebrei durante la seconda guerra mondiale. Altre centinaia di migliaia di persone furono massacrate dalla milizia curda e dall'esercito turco 
(Wikipedia).

Il governo turco continua ancora oggi a rifiutare di riconoscere il genocidio degli armeni e questo crea forti tensioni tra Unione Europea e Turchia. Una recente legge francese punisce con il carcere la negazione del genocidio armeno. Per converso, già da tempo la magistratura turca punisce con l'arresto e la reclusione fino a tre anni il nominare in pubblico l'esistenza del genocidio degli armeni in quanto gesto anti-patriottico. Senza contare le aggressioni e gli omicidi a danni di intellettuali e giornalisti che osano parlare o scrivere di questo crimine.
Come si vede la memoria è importante, anzi è un dovere, perché il genocidio, frutto orrendo del nazionalismo, del razzismo, della paura del diverso e dello straniero, sembra essere un agente cancerogeno radicato nell'anima umana che ancora oggi periodicamente si riproduce in mezzo a noi. C'è un filo nero, infatti, che lega il genocidio armeno alle pulizie etniche dei serbi in Bosnia. Un filo che va spezzato.
Sul genocidio armeno segnalo la lettura di "I quaranta giorni del Mussa Dagh", romanzo di Franz Werfel, scritto nel 1933, che racconta la disperata resistenza tentata tra agosto e settembre 1915 da circa cinquemila armeni, abitanti di sette villaggi, rifugiatisi su questa montagna che sorge a Nord della baia di Antiochia. Il libro è edito in Italia dalla casa Editrice Il Corbaccio. Un altro libro da leggere è "La masseria delle allodole" scritto da Antonia Arslan. E' la storia molto toccante di un gruppo di armeni che vissero in Anatolia (attuale Turchia) vittime dei rastrellamenti organizzati dal governo turco. Il romanzo è stato finalista del premio Campiello e ha vinto il premio Stresa di narrativa nel 2004. Dal libro è stato tratto il film dei Fratelli Taviani, uscito in Italia il 4 maggio 2007.

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