Il nostro Paese ha bisogno di eroi? La mia risposta a questa domanda, che è circolata ampiamente sui media dopo la tragedia del Giglio è no.
Non ne abbiamo bisogno, ma necessitiamo questo sì, di persone serie, persone normali, che fanno semplicemente il loro dovere secondo le regole e rispettando le leggi, che non cercano di fare i brillanti, ma solo di fare bene il mestiere per il quale sono pagati.
Ecco, di queste persone dotate di virtù "normali" purtroppo scarseggiamo ed è per via di tale carenza visibile a tutti che siamo sempre visti dagli osservatori stranieri come un Paese inaffidabile e da operetta.
Trasformare in un "eroe" un normale ufficiale della Capitaneria di Porto che ha cercato solo di convincere un comandante irresponsabile a tornare a bordo della sua nave per salvare i passeggeri da lui messi in grave pericolo, vuol dire che le cose in Italia vanno davvero male. Vuol dire che da noi fare il proprio mestiere, cioè il proprio dovere, non è più la regola, ma l'eccezione.
A questo punto siamo arrivati, io credo, perché da 30 anni tutta la nostra cultura di massa prodotta e veicolata dalla televisione commerciale (che ha condizionato e degradato anche quella pubblica), da un'industria culturale che ormai diffonde solo libri di comici che mettono su carta le battute che recitano in TV, premia non lo scrittore, l'artista, il poeta, ma il buffone, il cialtrone, il cretino di successo, il furbo riccastro che, in film, show e altre fiction, ostenta il suo stile di vita pacchiano e vincente in una società volgare, ignorante e plebea.
Ecco perché quando siamo nei guai, quando nei momenti difficili si fanno avanti per fortuna delle persone serie che sanno fare il loro dovere e si comportano in modo civile e responsabile, ci stupiamo e li chiamiamo "eroi". Ma questo andazzo è sbagliato non è più sostenibile. Dobbiamo cambiare e cominciare a riconoscere il valore del lavoro ben fatto, indicandolo però come un esempio da seguire proprio per il suo carattere di "normalità".
Se n'è accorto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha deciso di conferire l'onorificenza di Cavaliere della Repubblica, all'anonimo imprenditore di Franciacorta che l'anno scorso staccò un assegno da 10mila euro e pagò le rette ai bambini poveri di Adro, nel bresciano, ai quali il sindaco leghista aveva negato l'accesso alla mensa scolastica.
Questa bravo cittadino, questa persona seria e per bene, ha ricevuto la comunicazione ufficiale dal Quirinale a fine 2011 e l'ha tenuta segreta ad amici e parenti, confidandola solo ai figli. E anche questo comportamento modesto, questo essere discreti nell'agire per il bene comune, è quello che dobbiamo ricominciare a considerare un comportamento "normale", non da esaltare, ma da imitare.
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