Roma, 11 novembre 2011. Ieri sera la seconda puntata di “Servizio pubblico” di Michele Santoro è stata vista da 2.633.00 con il 10.42% di share. Quindi rispetto alla prima puntata che era stata vista da 2.838.000 spettatori con il 12,03% di share, c'è un leggerissimo calo dell'1,6%.(ANSA).
Il nuovo programma va in onda su un'inedita multipiattaforma. Secondo le prime stime all'ascolto sulle tv (tra emittenti areali e Sky), va aggiunto l'ascolto via web, che ha avuto uno share del 2% crca. Le sole tv locali hanno ottenuto una media di 1.750.000 telespettatori.
“Caro Biagi, caro Montanelli – aveva esordito il conduttore -. Non se ne può più di resistere, resistere, resistere. Bisogna fare la rivoluzione. Questa è la nostra piccola rivoluzione”. Il primo pensiero è ai cittadini che hanno donato 1 milione di euro per realizzare l'iniziativa. “Ora 100 mila persone hanno deciso di accendere le luci di questa sera. Queste 100 mila persone si possono convincere che possono accendere tutto quello che vogliono. Possono accendere Celentano, Luttazzi, Dandini, la Rai che si sta spegnendo lentamente. Possono accendere un vero Servizio Pubblico”.
Personalmente non sono uno spettatore di Santoro, non mi piace il suo stile professionale e come utente non approvo la qualità del suo “servizio pubblico”. Detto questo vorrei invece discutere di un fatto che la sua iniziativa ha messo per la prima volta in evidenza: la Tv la fanno gli spettatori. Non è una rivoluzione come egli afferma. Nel 1967, Marshall McLuhan, affermava “Il mezzo è il messaggio”, una sentenza integrata con la meno nota osservazione del suo allievo, Derrik de Kerckhove, secondo il quale “il pubblico è il contenuto”. Chi usa l’informazione la determina. La teoria dunque è consolidata, ma la pratica su larga scala no e la trasmissione di Santoro è uno dei primi esempi di questa nuova realtà che probabilmente è destinata a diffondersi. Ad alcune condizioni.
La prima è che la nuova Tv nata dalla sottoscrizione di migliaia di spettatori, risponda ad un bisogno reale non soddisfatto da altri media. La seconda è che i conduttori-direttori siano dei veri opinion leader capaci di mobilitare fisicamente le folle. Per il resto problemi insormontabili non ce ne sono. I canali TV moltiplicati dalla tecnologia digitale sono disponibili a prezzi molto bassi come lo erano già quelli analogici e la base larga dei sottoscrittori garantisce uno share appetibile agli inserzionsti pubblicitari.
Il modello di business, insomma, è semplice, ma è la qualità della relazione tra pubblico e opinion leader a fare la differenza. La tecnologia impiegata torna così ad essere solo uno strumento abilitante della nuova televisione. A vincere ancora una volta è la personalità di chi la propone e la sua capacità di costruire e mantenere l'empatia con lo spettatore-editore di se stesso.
1 commento:
Pochi ricordano che qualcosa del genere lo fece Funari nei primi anni 90 in maniera più artigianale registrando e mandando la videocassetta alle TV locali il giorno dopo (con lo straniamento di una puntata tutta a favore del giustizialismo il giorno dopo che si era suicidato in carcere un manager indagato). Questo secondo me è stato il punto più alto della carriera di Funari che poi ha smesso di fare il "giornalaio" (il vero giornalista all'americana che metteva come si fa in quel paese un politico sotto il tiro dei giornalisti e non vari politici a fare pollaio tra loro come si usa qui) e ha iniziato a fare l'opinionista guru.
Chissà cosa avrebbe fatto il Funari di allora oggi...
http://archiviostorico.corriere.it/1993/aprile/05/Funari_terzo_polo_sono_io_co_0_9304052607.shtml
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