mercoledì 2 novembre 2011

“Pubblicità progresso”: il 25% è incassato da Berlusconi

Al Biscione 4,659 milioni di euro sui 21,466 stanziati per giornali, televisioni e radio. La Rai, essendo azienda pubblica, è obbligata a concedere spazi gratuiti alle comunicazioni istituzionali e pur avendo trasmesso spot per un valore di 890.000 euro, non ha incassato una lira. Questo ha scritto Mariavittoria Orsolato su www.altrenotizie.org e l'articolo merita una lettura attenta per capire cos’è concretamente la normalità del “conflitto d’interessi” e perché Berlusconi è entrato in politica. Non per salvare l’Italia come crede ancora qualche sempliciotto, ma per riempirsi le tasche di soldi pubblici, cioè i nostri. Buona lettura.
Ad aprire un qualsiasi manuale di economia, si potrà leggere come la crisi del mercato pubblicitario vada di pari passo con la crisi economica: se si deve risparmiare bisogna tagliare il superfluo e l’advertising, per quanto utile, è quasi sempre tra le voci da depennare. Nei manuali si dovrebbe però anche trovare un sottoparagrafo dal titolo “l’eccezione Italia” e il perché è presto detto. Mediaset, attraverso la concessionaria Publitalia - inutile dirlo, entrambe di proprietà del premier Berlusconi - hanno fatto incetta di spot governativi, accaparrandosi 4,659 milioni di euro sui 21,466 stanziati nel 2010 per giornali, televisioni e radio.
Un capolavoro del conflitto d’interesse grazie a cui il 22% della cifra stanziata dal governo per trasmettere le cosiddette “pubblicità progresso” - perché in fondo il livello è da Teletubbies - è finito a costo zero nelle tasche dello stesso presidente del consiglio.
La Rai, essendo azienda pubblica, è obbligata a concedere spazi gratuiti alle comunicazioni istituzionali e pur avendo trasmesso spot per un valore di 890.000 euro, non ha incassato una lira. Le restanti concorrenti, ovvero Telecom Italia Media ( La7 ed Mtv) e Sky, hanno praticamente raccolto le briciole: alla prima sono andati 333.000 euro mentre alla piattaforma del tycoon australiano poco più di 190.000 euro.
Un’operazione magistrale che, per dirla nel gergo commerciale, rimane tutta nella lunga filiera della megaholding Berlusconi, holding che come abbiamo visto, comprende anche il governo italiano. Non pago del risultato dello scorso anno, anche per il primo semestre del 2011 il Biscione ha voluto fare incetta di “pubblicità progresso”: mentre infatti la scure di Tremonti si abbatteva sui portafogli dei ministeri, Palazzo Chigi aveva designato ben 8 milioni di euro alla pubblicità istituzionale, di cui ben 2,2 erano destinati ai costi di trasmissione sul il piccolo schermo. Manco a dirlo, il 90% di questo budget pubblicitario - circa 1,9 milioni di euro - è finito nelle casse di Cologno Monzese. Che strano.
Medium diversi ma stesso copione. Pur di non lasciare nulla di intentato, Mediaset ha istituito una seconda concessionaria pubblicitaria creata ad hoc per la tv digitale pay e per contrastare ovviamente l’avversaria Sky. Negli ultimi due anni Digitalia 08, questo il nome dell’ennesima scatola cinese, ha raccolto grazie agli spot istituzionali la bellezza di 157.000 euro.
Per quanto riguarda la carta stampata invece, sia nel 2010 che quest’anno, la Mondadori - ennesima società a cui fa capo il nostro piccolo Cesare in caduta libera - ha sbaragliato la concorrenza in fatto di raccolta da fonti governative. Lo scorso anno la cifra incassata si è aggirata sul milione e mezzo di euro, mentre per il primo semestre di quest’anno siamo addirittura oltre la metà, con 767.000 euro.
Conti alla mano, le percentuali sono presto fatte: nel 2010 gli introiti di Mediaset sono lievitati di 160 milioni di euro, per un totale di 2,413 miliardi. Un miracolo che non ha nulla da invidiare a quello di San Gennaro dato che, puntuale, si è replicato nel 2011: nei primi sei mesi di quest'anno, Mondadori, Digitalia e Publitalia si sono accaparrate circa il 34% della torta delle pubblicità istituzionale (più di 2 milioni e 700 mila euro sugli 8,081 stanziati) lasciando a letteralmente a bocca asciutta i concorrenti diretti La7 e Sky.
Una volta vampirizzato il campo della pubblicità istituzionale, a rimpinguare le casse di Cologno Monzese - a scapito degli altri concorrenti - ci hanno pensato poi aziende del fu comparto statale come Eni ed Enel. Stando a quanto afferma il Corriere Economia, l’Ente Nazionale Idrocarburi avrebbe investito 21,2 milioni di euro per la sua pubblicità sulle reti Mediaset mentre in Rai avrebbe lasciato solo 13 milioni. Un distacco nettissimo rispetto al 2009, quando il cane a sei zampe aveva investito 8,9 milioni in Viale Mazzini e 12,7 milioni a Cologno Monzese.
L’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica è riuscita a fare ancora di meglio, raddoppiando l’investimento pubblicitario su Mediaset rispetto alla Rai: nel 2010 la prima ha incassato ben 19 milioni di euro mentre la seconda a malapena 11. Uno squilibrio evidente che non si spiega in altro modo, se non con l’ubiquità del presidente del consiglio. Pur avendo assunto un atteggiamento messianico, in questi tempi di crisi al mago di Arcore è riuscito un solo miracolo: moltiplicare gli introiti. I suoi ovviamente.

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