sabato 8 ottobre 2011

Crescita: l'Italia senza modelli

“La bassa crescita dell'Italia degli ultimi anni è anche il riflesso delle sempre più scarse opportunità offerte alle giovani generazioni”. Lo ha detto Mario Draghi,  prossimo presidente della Banca Centrale Europea “le difficoltà incontrate dai giovani devono preoccupare. La priorità assoluta dell'Italia è oggi uscire dalla stagnazione riavviando lo sviluppo con misure strutturali”, ha detto. “La crisi ha aggravato le condizioni delle famiglie con figli. La caduta dell'occupazione - ha spiegato Dragi - ha interessato in prevalenza i figli conviventi e quindi i nuclei familiari plurireddito”.
Il Governatore della Banca d’Italia denuncia autorevolmente oggi una realtà che i cittadini italiani conoscono benissimo da tempo.  Un genitore di 55-60 anni deve mantenere i figli trentenni che sono ancora a suo carico perché senza un'occupazione stabile. Se poi perde anch'egli il lavoro non può trovarne un altro e questo fa di lui un capofamiglia precario, padre di figli condannati a un precariato ancora peggiore del suo. L’insicurezza che viene generata da questa situazione aumenta l’ansia sociale e fa crollare ulteriormente i consumi, rallentando a cascata tutta l’economia del “vicolo Italia”. Insomma, i modelli di sviluppo che l’Italia ha perseguito negli ultimi 20 anni sono tutti arrivati al capolinea. Il fallimento è sotto i nostri occhi.
La realtà in cui viviamo, ovviamente, non è figlia del caso o di decisioni prese altrove. Le grandi scelte sono state fatte insieme, dalla grande finanza internazionale e dalla politica nazionale.  Basti pensare che nel luglio 1993 (governo Ciampi), l’esecutivo decise la privatizzazione di quattro enti statali: ENI, IRI, INA ed ENEL. La privatizzazione fu discussa a bordo dello yacht reale “Britannia”. Alla riunione parteciparono alcuni banchieri inglesi e un gruppo di manager italiani tra cui Mario Draghi.
Ebbene questa opzione basata sulla privatizzazione dell’economia pubblica, sullo sfruttamento del lavoratore al quale non viene più garantito l’accesso al lavoro e al reddito, e di conseguenza il dritto a una piena cittadinanza, è divenuta insostenibile. Oggi Draghi parla di adottare “misure strutturali” e si riferisce alle raccomandazioni di Bruxelles che ci chiede di attuare il consolidamento fiscale previsto nel 2011 e nel 2012, accelerare la riduzione del deficit e del debito, introdurre limiti vincolanti sulla spesa. L'Europa ci chiede nuove misure per combattere la segmentazione del mercato del lavoro, rivedendo alcuni aspetti della legislazione sulla protezione del lavoro e rafforzando la lotta al lavoro nero. Dovremmo promuovere una più grande partecipazione delle donne al mercato del lavoro, assicurare la crescita dei salari in modo che questa rifletta meglio gli sviluppi della produttività come le condizioni locali e delle imprese, aprire il settore dei servizi ad una maggiore concorrenza, in particolare nel campo dei servizi professionali. Inoltre, promuovere l'accesso delle piccole e medie imprese al mercato dei capitali, rimuovendo gli ostacoli normativi e riducendo i costi, migliorare il contesto degli investimenti per il settore privato nella ricerca e nell'innovazione, estendendo gli attuali incentivi fiscali e migliorando le condizioni per l'apporto di capitale, accelerare la spesa a sostegno della crescita cofinanziata dai fondi di coesione per ridurre le persistenti disparità tra le regioni, migliorando la capacità amministrativa e la governance. Robetta da poco.
Questo non è un programma di governo per gestire un’emergenza, è una grande rivoluzione. Chi la farà e con il consenso di quali forze sociali?

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