Parlare dei fatti accaduti a Roma oggi pomeriggio, per me che ho vissuto da testimone e protagonista decine di manifestazioni, alcune molto violente, nel decennio ‘70, è molto penoso.
Il Corriere della Sera scrive che: “le migliaia di persone pacifiche al corteo sono state sorprese dai black bloc che si sono resi protagonisti di numerosi atti di violenza durante tutto il corteo. Bandiere bruciate, auto in fiamme, assalti alle banche e ai bancomat”.
Ma sorpresi da cosa, mi chiedo? Non l’hanno ancora capita i movimentisti, eterni dilettanti allo sbaraglio, che non si può, non si è mai potuto, fare un corteo “pacifico” senza prepararsi a difenderlo dai violenti, dai provocatori, da quelli che cercano sempre di far fallire una protesta civile contro il potere facendola degenerare in guerriglia urbana? Avete mai sentito parlare dei servizi d’ordine organizzati dai sindacati o dei grandi partiti di massa quando ancora esistevano?
Eppure dopo Genova 2001 anche il più sprovveduto “indignados” del 2011 avrebbe dovuto capire che una grande manifestazione contro il potere mondiale e la grande finanza globale (che non ha nulla a che vedere con il bancomat della Unicredit), non è un pomeriggio danzante o una festa in maschera, un momento di giocosa spontaneità da immortalare con i video da postare su youtube per la gioia e il diletto di amici e parenti.
Smettetela una buona volta di ripetere questi prevedibili fallimenti, a Roma come in Val di Susa. Peggio dei violenti ci sono solo i fessi (ma sì) che mettono a disposizione dei fantomatici black bloc (che poi sono i soliti delinquenti che tutti conoscono) una intera città per fare la guerra a spese loro. Se gli organizzatori di manifestazioni di massa che vogliono restare pacifiche e cambiare lo stato di cose presenti non sono in grado di garantirne la sicurezza (compito che non si può delegare alla Polizia) ebbene che rinuncino a farle perché in queste condizioni vuol dire solo mandare allo sbaraglio migliaia di persone indifese.
Adesso i portavoce (?) del movimento degli “indignati” negano che la manifestazione romana sia stata un “fallimento”, ma non è possibile ridimensionare quanto accaduto e ridurlo a incidenti provocati da una minoranza facinorosa le cui imprese sono state favorite dal comportamento poco tempestivo delle forze dell’ordine. Questa lettura della realtà non è credibile e non convincerà mai l’opinione pubblica che piaccia o meno ragiona così: o i pacifici sono d’accordo con i violenti o sono ingenui in modo inaccettabile. Una cosa è certa: se gli "indignati" vorranno continuare a esistere dovranno imparare a stare al mondo e porsi correttamente il problema della violenza.
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