lunedì 3 ottobre 2011

Alla ricerca dell’interesse pubblico

Segnalo questo breve resoconto di Gianfranco Massetti del recente Convegno di Legautonomie sullo stato dei PGT. Il testo originale è pubblicato sul suo sito internet.

Peccato non aver incontrato nessun amministratore pubblico e nessun tecnico di Paderno Dugnano al Convegno di Legautonomie sui Piani di Governo del Territorio.
Il tema era il difficile rapporto tra interesse pubblico e interessi privati e i riflessi delle scelte urbanistiche sul sistema economico. Peccato perché c’è sempre da imparare.
Innanzitutto dalle buone prassi presentate:il PGT del soresinese, quello della Comunità montana della Valle Seriana, quello del Comune di Cernusco sul Naviglio,dei comuni vicini all’aeroporto di Malpensa , di Cinisello Balsamo o l’esperienza di Alchimia briantea. Ognuno per la sua specificità e per aspetti diversi ma tutti da studiare. Molto interessante ed istruttive,almeno per me, sono state le relazioni introduttive del mattino.
Cristina Treu,del Politecnico di Milano, ha introdotto il tema  della  pianificazione urbanistica di fronte alla crisi economica che continua. Innanzitutto portando un dato: al 31 agosto 2011 su 134 comuni della provincia milanese solo 57 (pari al 43%) aveva avviato la procedura,  24 (pari al 18%) lo avevano adottato e 53 ( pari al 40%) lo hanno approvato. Pochi e quasi tutti sono da intendersi come piani di transizione dal PRG al PGT. Forse inevitabilmente.
Treu ha raccontato di come ormai sembri scontato che l’urbanistica e la pianificazione,anche con lo strumento del PGT, sia ormai finalizzata al “fare business” esattamente come successe a Chicago agli inizi del novecento.Lì il pianificatore, disegnando il primo piano regolatore, affermò esplicitamente quel  concetto  oggi tanto caro ai modernisti (di destra e di sinistra). “Fare business” lasciando fare agli  interessi privati e togliendo di mezzo lo stato e l’interesse pubblico: così che l’economia e il benessere sarebbe fiorito copioso. Esattamente la logica che ha sposato la Regione Lombardia,con la legge n.12 del 2005  e il governo Berlusconi con tutti i provvedimenti di questi anni.
E’ stato veramente sorprendente,negli anni in cui ho avuto responsabilità pubbliche (9 anni come assessore all’urbanistica e 5 anni come sindaco), vedere come i cantori pubblici della modernità urbanistica: quelli che  tuonavano contro i Piani Regolatori, contro l’interesse pubblico che soffocava il privato,contro la pretesa pianificatoria dei comuni,erano poi gli stessi che in privato coltivavamo gli interessi, legittimi,delle società immobiliari senza mai la traccia di un rossore di vergogna.

Mario De Gaspari, ricercatore, è intervenuto spiegando come ci stiamo incamminando verso una nuova bolla immobiliare e come ci sia orai un intreccio perverso tra scelte urbanistiche, finanziarizzazione delle aree e rapporti con l’economia. Iil modello di sviluppo dell’Italia fondato sul presupposto delle inesauribili capacità  trainanti dell’edilizia e del turismo (due settori che se crescono troppo rischiano invece di bloccare lo sviluppo di un paese) ha  portato alla rovina paesi come la Grecia, la Spagna ,l’Irlanda. In Italia invece si continua a dire “incrementiamo lo sviluppo immobiliare e anche il turismo (immobiliare) così il paese ripartirà”.
E’ proprio il contrario di quello che stanno facendo oggi quei paesi per uscire dalle loro crisi.
Anche il Giappone che ha già conosciuto gli stessi problemi ma negli anni 90 (vedasi l’economista K.Kobaiashi) ha dovuto cambiare strategia.”Noi invece insistiamo pervicaci”
Secondo De Gasapari bisogna quindi che i comuni stiano attenti a non  far  crescere la rendita fondiaria all’infinito e che la smettano di consumare il suolo pensando ad un altro modello di sviluppo che prescinde dal fare soldi e far fare soldi con il metro-cubo.Lo sviluppo immobiliare dovrebbe essere finalizzato a risolvere i problemi abitativi e sociali  delle comunità e delle persone non solo a fare soldi.
Damiano Di Simine,presidente di Legambiente Lombardia ha raccontato come nella legislazione italiana non vi sia nessun riferimento,paradossalmente, al tema del suolo come bene comune non rinnovabile  e non riproducibile. Ed è per questo che la stessa Associazione ha promosso una legge di iniziativa popolare: ”Norme per il contenimento del consumo di suolo e la disciplina della compensazione ecologica preventiva” che è all’attenzione della Regione Lombardia. Legge e che sta subendo un empasse di fronte alla richiesta di rendere cogenti alcuni concetti.Come ad esempio:
-l’obbligo di saturare gli spazi vuoti dentro la città prima di espanderla su aree libere
-l’obbligo di far costare di più l’edificazione su  aree agricole rispetto a quelle già urbanizzate
-l’obbligo di cedere  una quantità di mq in proporzione a quelli da occupare come compensazione ecologica preventiva ,come vige in Germania.
 Mario Viviani,avvocato,ha illustrato il nodo cruciale e dolente  dell’urbanistica oggi.
Nel trattare della capacità edificatoria usata come strumento di finanziamento dei comuni si pongono questioni di liceità e di conflitto con l’interesse pubblico.
Ma qual è oggi l’interesse pubblico urbanistico?
Esiste ancora? Si può definire con esattezza e non lasciarlo alla totale discrezionalità?
Nella legislazione corrente della Regione Lombardia (l.r.12) e del governo Berlusconi (decreto sviluppo) il punto di riferimento sono inanzitutto gli interessi dei privati.
Ma poichè l’interesse pubblico è il fondamento dell’azione amministrativa se questo non è ben definito si corre il rischio di incorrere in azioni altamente discrezionali e contigue all’illiceità. Allora bisogna tornare  ridefinire qual’è interesse pubblico di un fare urbanistica in una data situazione .Questa definizione non può competere ai privati che sono interessati al mercato dei volumi e al fare soldi perché l’interesse pubblico viene prima ed è la misura dell’azione amministrativa e del dovere di gestire la “res pubblica” in favore non del proprio o dell’altri tornaconto ma del bene comune.
Come definirlo? La legislazione e le opinioni correnti anche di autorevoli urbanisti e architetti, cosiddetti modernisti,  spesso non ci aiutano. Bisogna che sia la Comunità a definirlo.
Ad esempio: è certamente interesse pubblico:
-la tutela di un certo paesaggio;
-la difesa di un parco pubblico;
-il mantenimento di un insediamento storico ed artistico;
-una certa dotazione di servizi che non può essere eliminata e/o ridimensionata
-una qualità dell’aria, dell’acqua, del rumore,dell’abitare che non deve essere peggiorata;
-una identità, produttiva,di morfologia urbana, di  sky line..;
Ecco come si vede l’interesse pubblico esiste e va preso a misura degli interventi urbanistici e non viceversa. Oggi spesso è la finanzia immobiliare a definire la misura degli interessi pubblici (in cambio di un congruo numero di volumi).
Angela Fioroni,segretaria  di Legautonomie lombardia, ha infine concluso proponendo di fare rete tra i comuni delle buone prassi  invitando ad  avere uno sguardo almeno provinciale e  non municipale nell’approntare i nuovi PGT. Non solo coinvolgendo  i cittadini e gli operatori economici ma anche l’Università per le sue competenze e imparzialità e gli ambientalisti per le loro conoscenze e sensibilità. Buon lavoro.

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