Questa sera alla Villa Gargantini di Incirano, verrà presentato un libro sul G8 di Genova, scritto da due protagonisti di quelle giornate. Quello che penso dei tragici eventi del 2001 l’ho già scritto, anche su questo blog e non sto a ripeterlo.
I fatti accaduti sono noti: centinaia di migliaia di persone, giovani, anziani, sacerdoti, suore, volontari, boy scout, pacifisti, famiglie con nonni e bambini, che volevano partecipare a una grande manifestazione non violenta, festosa e allegra per esprimere la loro opposizione alle scelte dei padroni dell’economia mondiale e della finanza globalizzata, si sono trovate coinvolte loro malgrado in una battaglia urbana, violentissima scatenata a freddo da centinaia di cosiddetti “black block”, cioè dalla frangia violenta del movimento “no- global” internazionale, e da migliaia di poliziotti e carabinieri che hanno aggredito tutti con inaudita ferocia, seguendo precise indicazioni politiche dei governanti dell’epoca.
Agli scontri, nel corso dei quali è stato ucciso un giovane, Carlo Giuliani, e sono stati feriti senza motivo centinaia di cittadini inermi, sono seguiti altri fatti gravissimi, quali l’assalto (con fabbricazione di false prove da parte dei dirigenti dell’Ordine Pubblico) alla scuola Diaz e le pesanti torture inflitte ai giovani arrestati e detenuti illegalmente nel “carcere-lager” di Bolzaneto da agenti di Polizia e personale del ministero dell’Interno.
Gli errori dei leader di quel “movimento”, che non a caso dopo Genova è scomparso, responsabili di aver portato in quel modo avventuroso e ben poco sicuro, migliaia di persone in piazza a farsi massacrare, sono evidenti e per me indiscutibili, ma non sono il tema del libro di Vittorio Agnoletto (uno dei responsabili del Genova Social Forum) e di Lorenzo Guadagnucci, giornalista e testimone dei fatti, presente alla Scuola Diaz nella notte in cui fu assaltata.
Il tema del libro e del dibattito che spero si svilupperà stasera, è un altro: la profonda ferita, non ancora sanata né rimarginata a dieci anni di distanza, inferta alla democrazia e allo stato di diritto dalla destra neofascista, leghista e berlusconiana che da allora, quasi ininterrottamente, ci governa. Nel loro libro gli autori ci ricordano che: “Le inchieste della Magistratura hanno portato alla condanna in secondo grado di decine di agenti, funzionari e dirigenti delle forze dell’ordine, inclusi i massimi vertici della Polizia di Stato e dei Servizi Segreti. Sono esiti giudiziari clamorosi, senza precedenti. Eppure tutti i condannati, svergognati da ricostruzioni dei fatti rigorose, sono rimasti al loro posto, con l’avallo dell’intero arco politico parlamentare”.
Quello che mi auguro si discuta questa sera è non l’eccezione accaduta a Genova, ma la normalità di quello che allora e ancora oggi continua ad accadere. I tragici fatti di cronaca di cui la stampa periodicamente ci informa dimostrano che in questi dieci anni, nelle carceri, nelle camere di sicurezza delle questure e delle caserme, e perfino in quelle dei Tribunali, del nostro Paese, decine di persone arrestate sono stati percosse, torturate, violentate e sono morte mentre erano sotto custodia dello Stato, non perché si sono suicidate (cosa che peraltro avviene regolarmente), ma perché proprio chi per legge li dovrebbe difendere, li tortura, li pesta e li uccide.
Senza per questo venire perseguito. E quando ciò avviene, come è successo a Genova, magari viene condannato, ma sostanzialmente non punito, anzi, viene promosso con il complice silenzio assenso di tutte le forze politiche che invece dovrebbero vigilare su come le leggi vengono applicate in Italia. Questo è l'argomento di cui si dovrebbe discutere per poi interrogarsi: è questa l'Italia nella quale vogliamo vivere?
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