giovedì 21 ottobre 2010

Lares: oltre la cassa integrazione ci sono solo parole

Ho ricevuto da Angelo Lupi, tecnico della Lares in cassa integrazione che dal 2009 presidia l’azienda padernese (a sin. nella foto), questo messaggio.
Ciao Carlo, Ti allego un articolo che è apparso sul "Sole 24 ore Lombardia". Sarà anche vero che stiamo usufruendo degli ammortizzatori sociali, ma è anche vero che in un anno e mezzo di lotta i lavoratori Lares, hanno chiesto in tutte le stanze che vogliono lavorare, hanno chiesto di tornare a fare impresa nel territorio, ma dopo il nostro gridare, il silenzio più assordante.Io per esempio, fin dall'inizio di questa storia, sono iscritto al programma di ricollocamento della Afol (Provincia di Milano), più ad altre agenzie per il lavoro, ma in tutto questo tempo non si è fatto vivo nessuno. Che ci sia la crisi? Che quelli della mia età siano troppo vecchi per essere ricollocati? Angelo
Questo il link all’articolo citato http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-10-19/imprese-dove-cassa-trasformata-172944.shtml  in cui si cerca di sottolineare l'importanza di mettere in atto, a fianco degli ammortizzatori sociali anche le strategie necessarie alla creazione di sbocchi lavorativi. Nell'elenco contenuto nell'articolo figurano anche la Metalli Preziosi e la Lares e per questo i lavoratori di Lares sul loro blog hanno tenuto a precisare alcuni punti che ripubblico di seguito. Buona lettura



“Nell'elenco delle aziende in fallimento o in difficoltà la posizione di Lares e Metalli risulta un po’ anomala. La cassa integrazione infatti, è stata concessa ai lavoratori delle due aziende non per la crisi finanziaria ma bensì dopo che l'amministrazione truffaldina a cui erano stati sottoposti aveva mandato a rotoli le due aziende, favorita in questo anche dal funzionario governativo (indagato per corruzione) che avrebbe invece dovuto garantirne la regolarità dell'acquisizione. Entrambe inoltre hanno chiuso con ancora molti ordini ancora da evadere. Fin dal primo momento, poichè vi erano i presupposti, i lavoratori si sono battuti per ottenere un progetto per rilanciare o riconvertire la produzione delle 2 aziende. Hanno sempre chiesto di tornare a lavorare. Gli 8 mesi di cassa in deroga concessi alla fine della Cig speciale gli hanno solo permesso di restare ancora attaccati all'esile speranza di poter fare pressione sulle istituzioni per ottenere un posto di lavoro, non come singoli ma come maestranze prima di essere consegnati all'oblio della mobilità. Ma il signor Claudio Negro della Uil Lombardia, nel suddetto articolo, osserva allegramente e contro ogni logica che assegnare la cassa in deroga ai lavoratori delle media e grandi imprese, penalizza quelle piccole , quindi è meglio fare andare in mobilità un numero maggiore di lavoratori e solo in seguito si dovrà cercare il modo di reinpiegarli, "outplacement" lo chiama lui.
Vorremo fargli notare che in questi lunghi mesi nonostante l'aiuto delle varie agenzie per il collocamento al lavoro, solo pochissimi lavoratori hanno trovato una collocazione e solo a tempo determinato. Si tratta di una percentuale irrisoria, parliamo infatti di una dozzina di lavoratori sugli iniziali 130. Senza la cassa in deroga, molti lavoratori si sarebbero ora trovati già sul lastrico o con il sussidio di disoccupazione. Forse sarebbe il caso di non essere tanto ansiosi di mettere in mobilità i lavoratori ma al contrario battersi per creare loro uno sbocco occupazionale, impostando programmi seri di ricollocazione e una politica mirata alla creazione di nuovi posti di lavoro per poi eventualmente sganciarli dal sostentamento degli ammortizzatori sociali. Ma magari il signor Negro, beato lui, sostenuto economicamente grazie anche alla sottoscrizione di tanti lavoratori, non ha idea di che cosa significhi vivere senza un lavoro e di come si campa a casa di un cassintegrato.
Siamo daccordo con Fulvia Colombini, segretario generale Cgil lombardia, che nello stesso articolo parla dell'imminente ingestibilità di tutte queste situazioni di difficoltà con l'aiuto della sola cassa integrazione e sottolinea la necessità di riaprire un tavolo di sviluppo coinvolgendo Regione , imprenditori e sindacato. Ma lo siamo a patto che ogni lavoratore, non importa quale sia la dimensione dell'impresa di cui fa parte, sia tutelato e sostenuto con tutti gli strumenti possibili messi a disposizione per quello scopo e che non sia l'unica vittima di un sistema che non funziona più. L'ultima cosa di cui i lavoratori hanno bisogno, in questo difficile momento, è il doversi difendere anche da quell'organo che in primis dovrebbe essere deputato a tutelarli, il sindacato e i suoi rappresentanti, che vorrebbero invece vedere alzarsi dai vari cadreghini, mettere via cravatta e valigetta e scendere tra la massa a sporcarsi le mani come si faceva una volta e non a far passare una linea politica più vicina agli interessi di governo che a quelli dei lavoratori”.

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