Chi fa nuova impresa e sostiene concretamente il diritto al lavoro dei soggetti più deboli in Italia? Donna Moderna e Vodafone. Non lo Stato, non gli enti locali, non le associazioni degli imprenditori, non il sindacato, ma un giornale e un gestore di telefonini. E per fortuna che ci sono loro.
Questo pensavo ieri alla presentazione del “Progetto Donne e Lavoro” che stanzia 300mila euro per finanziare tre imprese sociali al femminile, tre sogni da realizzare scelti tra tutti quelli che arriveranno al sito www.progettodonnelavoro.it da oggi al 15 gennaio 2011. Cipriana Dall’Orto, condirettore del settimanale che ha lanciato il concorso finanziato da Fondazione Vodafone Italia ha detto quello che pensiamo tutti; cioè che sul fronte del lavoro e del disagio sociale è ora di smetterla di parlare e di passare ai fatti, dando finalmente alle donne che hanno nuove idee di impresa da realizzare, la possibilità e i mezzi per farlo. Il progetto di promozione dell’imprenditorialità femminile presentato ieri a Milano, nasce dalla ribellione verso una realtà culturalmente, socialmente ed economicamente vergognosa e insostenibile: solo il 46,3% delle donne italiane lavora, oltre 7 milioni sono disoccupate e quelle che lavorano guadagnano il 23% circa in meno dei maschi. Ma non basta, le imprenditrici che si presentano in banca per accendere un mutuo, si vedono spesso applicare un tasso superiore, perché donne.
Gli ambiti di partecipazione al concorso sono tre. Progetti di solidarietà femminile, che prevedano l’inserimento lavorativo di donne che hanno subito violenze o vivono in condizioni di disagio sociale ed economico. Progetti web legati al mondo della rete tesi a incentivare l’occupazione femminile (riservato a donne under 30). Progetti casa e lavoro pensati per integrare le esigenze famigliari con quelle professionali. Per chiedere in finanziamento è necessario registrarsi, scaricare dal sito il bando, la domanda di finanziamento e il piano finanziario, e inoltrarli compilati via web. I progetti presentati verranno valutati da una commissione che entro aprile 2011 ne sceglierà tre da finanziare.
Una bella iniziativa, ma mi chiedo è possibile che a farla debbano essere dei privati? Non dovrebbe essere compito istituzionale di Regione e Comuni promuovere progetti del genere per rilanciare l’economia del proprio territorio finanziando i soggetti più deboli, come le donne, ma anche i lavoratori disoccupati 40-50enni, che hanno delle idee per dar vita a nuove imprese sociali capaci di produrre occupazione, lavoro e reddito? Perché non lo fanno?
1 commento:
E' un problema prima di tutto culturale. Troppo spesso gli interventi dello stato sono stati fatti esclusivamente con finalità legate al consenso e alla propaganda e del resto la questione ha origini molto lontane: il fascismo,che considerava la donna "regina del focolare" e che per definizione è considerato giustamente maschilista,introdusse il divieto di licenziare le persone incinte e più in generale di assegnare alle donne lavori troppo usuranti...
Baraviera Aris
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