domenica 19 settembre 2010

Il Grande Gioco

La morte del tenente Alessandro Romani, del 9° Reggimento Col Moschin, trentesimo caduto italiano della guerra in Afghanistan è solo l’ultimo episodio di una storia infinita che va avanti da ormai 200 anni. L'Italia ha circa 3.300 militari impegnati a Kabul nell'ambito della missione Isaf guidata dalla Nato e Romani era un soldato “speciale” di questa forza di intervento, un veterano di 36 anni con numerose, precedenti esperienze in missione all'estero.
L'ufficiale era intervenuto insieme a un suo collega nell'area di Bakwa a seguito della segnalazione di elementi ostili nell'area, rilevati da un drone Predator. Arrivato sul posto con una squadra di elicotteri e appoggiati da armamenti tecnologici di alto livello, lui e i suoi compagni incursori, membri dell’elite militare occidentale, sono stati abbattuti come “conigli in un viottolo” secondo l’immagine di un famoso sonetto di Kipling dedicato alla lunga guerra Anglo-Russa che nell’ottocento insanguinò questo remoto angolo di mondo.
Proprio in questi giorni sto leggendo un libro importante per capire cosa c’è dietro questa tragedia. Il suo titolo è “Il Grande Gioco” (Adelphi 2004) ed è stato scritto nel 1990 dallo storico inglese Peter Hopkirk. Il titolo del libro è una citazione di Kipling, tratta da Kim: “E ora andrò lontano su al Nord a giocare il Grande Gioco”, racconta la storia di quel lungo conflitto che oppose i due imperi europei che si contendevano il controllo delle terre desolate a Nord dell’India, attraverso le quali i cosacchi avrebbero potuto invadere la valle dell’Indo e conquistare l’India. Oggi il controllo di quelle terre è ancora la posta sanguinosa di un nuovo Grande Gioco che oppone l’Occidente all’Islam in una sfida mortale, cominciata l’11 settembre del 2001, nel cielo di Manhattan.
L’autore ripercorre le fasi di quella guerra combattuta allora come oggi da soldati “speciali”, colti, preparati, dotati da armi modernissime, soldati le cui ossa ancora riposano tra quelle montagne. A ucciderli allora come oggi sono dei montanari ignoranti e analfabeti, poverissimi e fanatici, armati nell’800 di semplici fucili a canna lunga da pochi soldi, i famosi jezail, oggi di razzi, esplosivi, mitragliatori, armi che costano sempre pochi soldi, con i quali fanno fuori senza problemi elicotteri, blindati e soldati superaddestrati, protetti da giubbotti antiproiettile e dispositivi elettronici costosissimi quanto inutili.
Quello che il libro ci dice, raccontando le straordinarie avventure dei protagonisti del Grande Gioco, è che la lezione dell’Afghanistan di due secoli fa non è servita a nulla. I giocatori sono sostanzialmente gli stessi anche se con ruoli diversi, ma russi, inglesi, americani e loro alleati, continuano a venire tenuti in scacco, vale a dire sconfitti, dai medesimi montanari analfabeti e ignoranti. Uccisi nello stesso modo che Kipling, ci descrive “Una zuffa in un posto di frontiera/ un galoppo in una gola scura/ 2.000 sterline di istruzione/ cadono al colpo di un jezail da dieci rupie/ il vanto della scuola /orgoglio dello squadrone/ ucciso come un coniglio in un viottolo”.

1 commento:

Anonimo ha detto...

i conigli non combattono...non vanno in cerca di prede!!!!!

ATTENZIONE!!!