Perché la Fiat dopo avere incassato negli anni scorsi palate di miliardi dallo Stato “per sviluppare l’auto elettrica” oggi in Italia vuol lasciare solo produzioni da terzo mondo tipo la Panda a Pomigliano d'Arco? La vicenda dello stabilimento napoletano è emblematica; non potendo chiudere in contemporanea i due stabilimenti storici del Sud perché questo comporterebbe la fine forzata degli ingenti sostegni pubblici che ancora oggi servono all’azienda per sopravvivere, la casa torinese riporta in Italia la produzione di un’utilitaria a basso costo, vecchia di trentanni e a basso margine di guadagno che finora aveva prodotto con successo, com’era logico fare, in Polonia. Perché invece non investe quei famosi 700milioni di euro, che dice di voler spendere, in una produzione innovativa, ad esempio un modello ibrido di autovettura che finora si è ben guardata dal costruire?
La ragione è molto semplice e sconsolante. La Fiat, anzi Sergio "golfino" Marchionne, ha deciso dopo l’accordo con Chrysler, che la produzione delle auto elettriche sarà dislocata negli Stati Uniti, perché come dice il manager italo-canadese “gli americani sono molto più avanzati di noi e investono nell’auto elettrica da anni”. La motivazione, dunque, andrebbe ricercata nella maggiore competenza tecnica degli studiosi americani e, nel dettaglio, degli addetti ai lavori della Chrysler: “c’è un gruppo di 25 ingegneri che abbiamo ereditato dalla Chrysler e che sta lavorando sul piano prodotti da anni” informa sempre Marchionne. Il privilegio dell’alleanza con la casa americana, dunque, sarebbe proprio la possibilità di poter beneficiare di un supporto conoscitivo a noi ancora non accessibile.
Ma se le cose stanno così come mai, tanto per rimanere a Napoli, 10 anni fa venne lanciato il Progetto Atena, che vedeva la collaborazione tra Fiat (con il suo Centro ricerche Eleasis) e il Comune di Napoli? Una flotta di ottanta veicoli elettrici, un sistema di controllo telematico per la gestione dei veicoli, un “supervisore” per il traffico di 30 telecamere, ecc. Totale del finanziamento ministeriale: 42 miliardi di lire. E le auto elettriche arrivarono davvero: Fiat Seicento e alcuni piccoli furgoni, che trovarono posto in un'area dotata di colonnine per la ricarica. La formula d'uso prevedeva il noleggio (3mila lire all'ora, sosta compresa), e permetteva l'entrata nelle Ztl così come la libera circolazione nelle giornate di blocco del traffico. Un programma ambizioso, un fiore all'occhiello per la mobilità urbana sostenibile in un periodo nel quale questo concetto era ancora in embrione. Tanto che i piani del progetto vennero richiesti anche dall'amministrazione comunale di Barcellona.
Ma ben presto tutto naufragò. “Problemi alle batterie: dopo un paio d'anni di sosta in Via Brin, dal 1999 al 2001, i veicoli, le Seicento, i Van, e quelli affidati alle forze di polizia come Marea Bipower, Multipla a metano e gli esemplari 'ibridi' necessitavano di manutenzione”. Le auto ecologiche Fiat erano delle baracche e servivano circa 4 mila euro per rimettere in moto ciascun veicolo. Risultato? Malinconico invio del parco auto in un cortile dello stabilimento di Pomigliano. I 25 milioni di euro intanto la Fiat li aveva incassati. Vogliamo parlare dei soldi carpiti per produrre l’auto elettrica ad Arese? Ma sì, facciamoci del male.
Il 1° marzo 1994 venne siglato tra il gruppo Fiat e la presidenza del Consiglio dei Ministri, i ministri del Bilancio, dell’Industria, dell’Università, dell’Ambiente, dei Trasporti e del Lavoro, un “ Protocollo di intenti per la realizzazione di iniziative industriali in campo ambientale con particolare riguardo ai mezzi di trasporto”. In tale protocollo era prevista una spesa di 191,7 miliardi di lire. La Fiat si impegnava “a collocare in questa area sia la sede del consorzio di ricerca sui veicoli innovativi a ridotte emissioni, sia le attività produttive specifiche delle autovetture ( a metano, ibride ed elettriche ) “.
Ecco il risultato : ad Arese si sono prodotte 221 auto elettriche. Ma per produrre si intende il montaggio finale delle scocche gia verniciate che arrivano da Torino e non il ciclo completo. I fondi realmente pervenuti a Fiat sono: 162 miliardi e 904 milioni dal Ministero Ricerca Scientifica in base legge 346/88 più 75 miliardi e 836 milioni dal Ministero dell’Industria in base legge 46/88. Sei anni dopo, nel 2000, la Fiat ha cancellato il programma per la vettura elettrica di seconda generazione previsto dagli accordi con il governo. Ma i soldi intanto li aveva presi tutti. E vuol continuare a prenderli, per questo non chiuderà Pomigliano. Probabilmente per la nostra economia e anche per i lavoratori napoletani sarebbe meglio che se ne andasse dall’Italia definitivamente.
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