La biblioteca di mio fratello è un magazzino di libri messi insieme alla rinfusa. Divertente e sorprendente. Leggo da sinistra a destra su uno scaffale basso i nomi di: Saramango, Simenon, Cesare Marchi, Nabokow, Lawrence, Celine, Queneau, Tassinari, Conrad, Eco, James Cook, Leroux, Dickens, Kahil Gibran, Rondolino, Shakespeare, Shopenhauer, Hesse, Palazzeschi, Calvino, mescolati a vecchi Urania, un Dizionario Medico (A-Can), un trattato sui bastimenti e una storia del Santuario delle Grazie di Chiavari.
Leggere in vacanza spigolando tra questi che sembrano resti di altre biblioteche più che una raccolta personale di libri, è stimolante. Tra ieri e oggi ho letto con vero piacere un vecchio romanzo di Camilleri (Mondadori 2000) che vi segnalo e vi consiglio perché davvero straordinario. “La scomparsa di Patò” per me è un piccolo capolavoro costruito su un solo capoverso di “A ciascuno il suo” di Sciascia. Nove righe dove è magistralmente concentrata la “notizia”, cioè la misteriosa scomparsa di un attore, tale Antonio Patò, avvenuta durante una sacra rappresentazione teatrale in piazza davanti a centinaia di persone.
E’ un giallo, ambientato sempre a Vigata-Montelusa (ma senza Montalbano) nel 1890, scritto in forma epistolare, cioè sullo scambio di lettere, verbali di polizia e rapporti ufficiali tra gli inquirenti che indagano sul mistero, i loro superiori, le autorità a vario titolo coinvolte, i testimoni, gli articoli dei giornali locali, manifesti, volantini e scritte murali. 250 pagine gustosissime perché la babele di linguaggi riprodotti e riportati dall’autore provoca leggendoli, ammirazione e invidia sconfinati in chi come me si guadagna da vivere scrivendo parole e raccontando storie.
Nei documenti attraverso i quali si dipana il racconto si alternano campioni di dialetto, linguaggio burocratico, borghese, popolare, gergo politico, giornalistico ecclesiastico e militare dell’epoca. Grandissimo Camilleri, se ve lo siete perso cercatelo e godetevelo.
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