sabato 14 giugno 2014

Viaggio in Russia: strana parola il mercato

2) Il ricevimento all'Hotel Arbat era in un locale di cui in Italia non esistono esempi. Una enorme sala da pranzo con un centinaio di tavoli separati da una sala da ballo che finiva con una capiente pedana sulla quale trovavano posto l'orchestra e delle attrezzature da circo utilizzate da ballerini acrobati che alternavano i loro numeri di ginnastica artistica accompagnati dalla musica a ballo moderno con pezzi che mescolavano sonorità tipicamente russe al rock più scatenato alternati da cantanti che si esibivano in canzoni della malavita molto popolari.
Questo ce lo hanno spiegato in inglese delle studentesse russe che avevamo invitato a ballare. Una di loro si chiamava Slavina e mi spiegò che le canzoni erano state scritte nel più classico stile russo da un attore famoso Vysotsky e si ispiravano a quelle rabbiose dei malavitosi. La gente le amava. Dicevano cose come "potete tagliarmi i polsi, ma non tagliate le corde della mia chitarra".
Il locale era strapieno e io stavo spiegando a Slavina che vedevo molte somiglianze tra russi e italiani, l'amore per la musica, il cibo, il vino, la voglia di divertirsi, le dicevo che mi sembravano molto mediterranei più che nordici, ma proprio mentre cercavo nel mio inglese improbabile di farmi capire scoppiò d'improvviso una rissa tremenda a un tavolo vicino. Una decina di energumeni ubriachi cominciarono a pestarsi di santa ragione rovesciando poltroncine e tavoli mentre noi cercavamo di metterci in salvo allontanandoci dall'epicentro del sisma come facevano gli altri clienti. Per fortuna tutto finì con l'apparire di una squadra di agenti della milizia armati di lunghi bastoni che ridussero in pochi secondi gli ubriachi stesi come stracci sul pavimento e poi li trascinarono fuori dalla sala mentre i camerieri rimettevano a posto. Naturalmente l'orchestra non aveva mai smesso di suonare e la gente di ballare. "Ecco, mi disse Slavina, questo è molto russo. Fate così anche in Italia?". Ovviamente gli dissi di no e che forse la differenza tra noi e loro era la vodka. Con il Brunello di Montalcino non si diventava così violenti.
La mattina dopo decisi di vestirmi bene, indossai il mio completo grigio manageriale di Canali e la cravatta rossa di Trussardi (la  foto è quella della prima puntata) perché con tutta la delegazione confindustriale avremmo visitato la grande fabbrica modello Proletariato Rosso ed era una visita ufficiale. Mentre mi vestivo sullo schermo del televisore, saranno state le sette, una ragazza snella bionda assolutamente russa, con un'attillata tuta di lycra e un cerchietto tra i capelli iniziò gli esercizi di stretching piegandosi senza sforzo con il naso a sfiorare le ginocchia e io immaginai milioni di casalinghe e operaie sovietiche che a casa loro tentavano di fare lo stesso in quel momento.
L'incontro della delegazione avvenne nella hall della foresteria dei Vip e qui capitò un episodio curioso. Mentre ci stavano presentando a Elena, la funzionaria del ministero che ci avrebbe fatto da guida e interprete, questa come mi vide fece un mezzo passettino indietro, si inchinò leggermente e cominciò a presentarsi in modo molto formale. Mi aveva scambiato per un alto burocrate del partito per via della mia tenuta da apparatchik. L'equivoco fu presto chiarito, ma Elena, rimase imbarazzata con me per tutta la mattinata.
La fabbrica era enorme e passando per i reparti potemmo constatare che le tecnologie utilizzate per le lavorazioni erano a livello delle nostre, inoltre mescolavano macchine di fabbricazione russa con altre di provenienza occidentale o giapponese, soprattutto robot. Ma gli operai nei reparti non lavoravano tutti, c'erano delle squadre che giocavano a carte o guardavano la tv che trasmetteva in continuo le sessioni interminabili del Congresso del partito. Ci dissero che erano pause previste dai ritmi di lavoro.


Il confronto tra produttori dell'est e dell'ovest avvenne nell'ufficio del direttore il quale dopo aver cercato di spiegare la nuova fase di trasformazione che stava attraversando il sistema, Perestroika e Glasnost, concluse chiedendo: "Il governo vuole che noi produttori impariamo da voi ad andare sul mercato, ma come funziona il mercato? Come si fa ad andare sul mercato? Come si fa a stabilire un prezzo per i prodotti?".
La domanda era così inaspettata che tutti gli imprenditori italiani presenti si guardarono in faccia straniti e imbarazzati. Poi il presidente dei costruttori italiani di macchine utensili si sentì obbligato a rispondere in modo altrettanto diretto. "Lei produce torni e altre macchine che sul mercato internazionale a parità di prestazioni offrono prezzi diversi a seconda delle caratteristiche più o meno innovative che presentano. Il prezzo medio di queste è quello di mercato. Il suo guadagno è il ricavato delle vendite detratte le spese e i costi di produzione, cioè materie prime, costo del lavoro, progettazione, ricerca e sviluppo, produzione e assemblaggio dei componenti, distribuzione e marketing. A fine anno farà un bilancio del conto economico di esercizio e calcolerà il suo utile netto".
Il direttore rispose: "Si, ma io come faccio a stabilire tutto questo se finora ho dovuto lavorare rispettando quote di produzione calcolate non in pezzi, ma in tonnellate. Il ministero mi fornisce tutto quello di cui io avrei in teoria bisogno per realizzare la quota e in cambio io devo consegnare alla data prevista il prodotto in peso, perciò verso la fine dell'anno per rispettare la quota le macchine pesano il 20-30% in più. Inoltre non tutto quello che mi serve per produrre arriva. Al posto della lamiera ricevo tondini o ingranaggi e io mi devo arrangiare con il baratto, telefonare in giro per chiedere se a qualcuno che ha lamiera in più servono ingranaggi".
Il dialogo era sempre più surreale e gli italiani sempre più sbalorditi e solidali con il collega russo cercavano di capire qualcosa. "Ma almeno il costo del lavoro quello riuscirà a stabilirlo?". Niente, il direttore ammetteva di non sapere con precisione il numero dei suoi dipendenti che dovevano essere circa 20 o 22mila perché non c'era un sistema di controllo delle presenze paragonabile a quello in uso da noi. E certo se non puoi stabilire il costo del lavoro, se non hai quello delle materie prime e dei componenti era difficile fare un prezzo e andare con questo a conquistare un mercato. "E a fine anno come fate con il bilancio?". La risposta incredibile fu. "Niente, si tira una riga e si ricomincia a gennaio da zero".
Lasciammo il povero direttore alle prese con la sua improbabile Perestrojka e tornammo in albergo a riposare un po' e poi andare in giro a vedere Mosca. Il mio obiettivo era la grande Biblioteca Lenin che era molto vicina all'albergo, un complesso di edifici che occupa la parte meridionale del corso Marx. L'edificio più famoso è senz'altro il palazzo Paskov, costruito nel 1784-86 da V. I. Bazenov. Dopo aver ospitato collezioni d'arte, nel 1924 fu creata la Biblioteca di Stato Lenin: al giorno d'oggi possiede 23 sale di lettura ed è ricca di manoscritti di artisti e personaggi storici, codici miniati e libri rari.
Mi ritrovai ad ammirare dall'alto di una balaustra una delle più grandi sale di lettura che avevo mai visto: sotto di me centinaia di posti di studio di quelli con la saracinesca di legno e la lampada d'ottone col paralume verde. Invidiai quei giovani che potevano studiare in un posto così bello e ricco.
Conclusi la serata visitando la metropolitana di Mosca, un'altra meraviglia russa, entrando dalla stazione vicina ai Magazzini Gum. Ingresso 5 copechi. La scala mobile che portava alle gallerie aveva ancora i gradini di legno e scendeva per 200 metri nel sottosuolo. I corridoi della stazione avevano pavimenti in marmo, enormi lampadari di cristallo, stucchi e mosaici alle pareti che illustravano episodi della rivoluzione. C'erano anche statue dorate di soldati, operai, marinai rivoluzionari a grandezza naturale.
La sera cena organizzata in un ristorante georgiano dalla nostra interprete Natasha che aveva portato due sue amiche. Mangiammo finalmente alla russa, un pasticcio di carne, funghi e patate molto buono, vino rosso forte e cercammo di fare amicizia con le ragazze che sembravano molto interessate a noi tre. Ma io ero stanco inoltre la fanciulla che mi stava vicino continuava a chiedermi se avevo delle magliette italiane, (evidentemente lo facevano tutti quando andavano in Russia) e io non ne avevo. Lei era molto interessata a Dolce e Gabbana, indossava una maglietta sponsorizzata Gelati Sanson. Chissà da chi l'aveva avuta e in cambio di cosa.
(Continua)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro Carlo,leggo il Tuo blog e gli altri due significativi di Paderno,ormai per abitudine,ma aspetto, direi con ansia,il reportage del Tuo viaggio in Russia nel 1989 che spero si prolunghi per molte puntate.Come la penso sul Tuo stile lo sai e non voglio ripetermi.Ma mi piacerebbe che Ti venisse voglia di scrivere un romanzo di formazione.Manzoni scriveva per i suoi venti lettori fallo anche Tu.
pierino favrin